martedì 27 aprile 2010

Il Super Vizio (o della auspicabilità della condivisione universale)


Ho avuto la fortuna di guardare IRON MAN 2 in anteprima. Non ne parlerò in questa sede (chi vorrà potrà leggere la mia recensione su Doppioschermo). Questo post in realtà nasce da una riflessione abbastanza laterale e collaterale sui film che traspongono personaggi dei fumetti. In particolare quelli Marvel.

In sintesi, il dubbio che ho è il seguente: perchè i film sui supereroi Marvel non sono ambientati nello stesso universo?
Mi spiego.
Nel Marvel Universe a fumetti, personaggi di testate diverse spesso si incontrano, si scontrano, si parlano, si amano e - soprattutto - vivono nella stessa città. Ma l'effetto crossover è per ora l'ultima cosa che in realtà mi interessa. Ciò su cui riflettevo è una cosa che sta "a monte" in ogni primo capitolo cinematografico dedicato ad un personaggio che finisce sul grande schermo: la Storia. Non la trama del film, bensì il passato, lo status quo nel quale il nuovo eroe si inserisce.
Quando uscì il fumetto di Daredevil, già da un paio d'anni c'era Spiderman a svolazzare fra i grattacieli della Grande Mela. E quando il giovane Parker risolveva i suoi primi dilemmi etici, era la Torcia Umana dei Fantastici 4 l'amico mentore - nonchè eroe già affermato - cui rivolgersi. Stessa cosa vale per gli X-men, che hanno seguito la comparsa di alcuni colleghi e preceduto quella di altri. Eccetera.
Come dicevo prima, questo non riguarda solo le possibilità di interazione fra superamici (che pare essere il più recente trend della Marvel cinematografica per i progetti futuri).
Il "vizio" del titolo è per me più che altro legato a quella che si suppone dovrebbe essere la preparazione e predisposizione dell'opinione pubblica alla comparsa - o rivelazione - di un (nuovo) supereroe. Insomma: è verosimile pensare che dopo lo stupore delle prime volte, la scoperta di nuovi soggetti con poteri e costumi singolari provochi reazioni via via più moderate.
Rilancio.
Molto dipende anche dal contesto storico in cui la suddetta comparsa - o rivelazione - dei singoli eroi si palesa. Lo stupore ingenuo degli anni 40, il clima rivoluzionario degli anni 60, il complottismo paranoico negli anni 70 o 80, che so. Nonchè l'utilità marginale, sempre minore, che la gente percepisce ad ogni new entry. Vedere invece negli ultimi anni al cinema, in epoca strettamente contemporanea, la nascita di nuovi supereroi diversi in pellicole diverse in un universo ogni volta "resettato", a mio parere ha mortificato del tutto questa componente.
In effetti, la parte legata alla contingenza storica sarebbe impossibile da rendere: una splendida carrellata era stata dipinta dal bravissimo Alex Ross e scritta dall'altrettanto bravo Kurt Busiek nel meraviglioso graphic novel MARVELS, ma si trattava di un'operazione decisamente singolare e difficilmente trasponibile in un lungometraggio.
Però almeno trattare questo universo di riferimento cinematografico, per quanto giovane, come uno sfondo comune a tutti i supereroi, insomma, questo si poteva anche fare. Ma non per amore sfegatato della continuity o per rendere il prodotto meno universale (sarebbe un suicidio commerciale e di marketing). Tutt'altro: per rendere coerente i nuovi film anche con la percezione reale del pubblico. Ormai sono diversi anni che girano film sui supereroi, soprattutto Marvel. Quindi è ragionevole pensare che anche agli spettatori sembri un pò "trita" l'idea di vedere, nei nuovi film, il solito prevedibile carosello di reazioni stupite, di campagne mediatiche e di altre sociodinamiche legate alla comparsa dei nuovi supereroi del caso. Il che, tra parentesi, toglie anche gran parte del tempo che potrebbe essere dedicato alla formazione del personaggio (almeno nel primo capitolo) a tutto vantaggio della sfruttabilità piena delle due ore circa di durata per imbastire una storia davvero completa e che non sia solo una specie di introduzione.

E' forse anche per questo, pensandoci a mente fredda, che i miei due film preferiti tratti dai fumetti rimangono, ad oggi, il Batman di Burton e il recente Watchmen, entrambi stappati alla contemporaneità e fiondati in un'epoca passata (ma non troppo) capace di restituire un reale senso di estraniamento e di meraviglia mediatica.

Certo che se mai dovessero fare un film da MARVELS, io potrei anche impazzire. Ma proprio clinicamente, eh.



venerdì 23 aprile 2010

MaraTOna


Domani sabato 24 Aprile, al Politecnico Fandango qui nella capitale, dalle 17:00 in poi, c'è un evento degno dei più raffinati cinefili ed orientalisti: una maratona dedicata al regista Johhny To, dove verrano proiettati 4 suoi capolavori e lo stesso regista si concederà ad un incontro col pubblico.
La vera domanda non è se ne valga la pena.
Non è se i film selezionati sono rappresentativi.
Non è capire se la zona è ben collegata.
No.
Per me l'unica vera domanda è:
allora, su, chi viene con me?

sabato 17 aprile 2010

Cinismo cherubiniano


"Dottore, che sintomi ha la felicità?"
"Non si preoccupi. Lei è sanissimo."

lunedì 12 aprile 2010

Giangidoe e LA PRIMA DONNA

Chi mi segue dall'inizio (o anche solo da un pò) conosce la mia stima per l'amica Giustina Porcelli, scrittrice e blogger ironica e brillante.
Per questo motivo sono iper-lusingato di essere stato da lei scelto per presentare, mercoledì prossimo, il suo nuovo libro qui nella capitale.
Come da locandina, affiancherò ed intervisterò Giustina nella presentazione del suo primo romanzo LA PRIMA DONNA nella libreria Odradek di Roma (via dei Banchi Vecchi 57) il 14 Aprile alle ore 18:00.

Invito tutti gli amici, i conoscenti e i curiosi a partecipare all'evento.
E comprate il romanzo quando uscirà in libreria.
Non ve ne pentirete.

giovedì 8 aprile 2010

House of L


Esistono così tanti gruppi di discussione, così tante riflessioni e speculazioni maturate negli ultimi anni, che le interpretazioni sugli eventi lostiani e - soprattutto - sui suoi possibili finali coprono pressochè tutte le opzioni statisticamente concepibili da mente fanatica o sceneggiante. L'isola è una specie di Purgatorio e in realtà sono tutti morti fin dall'inizio (soluzione alla Amenàbar o Shyamalan). Fin dalla prima puntata, tutto ciò cui assistiamo è un sogno di Jack, in coma dopo lo schianto aereo (soluzione cara a Stephen King). L'isola è un'entità malefica che si nutre di sogni, paure e speranze e lascia sopravvivere solo chi supera i suoi malefici test (soluzione satura a freddo). L'isola è una tartaruga gigante (soluzione parodistica famosissima). Eccetera eccetera (soluzione di continuità).
Ma nell'ultimo, fondamentale, bellissimo episodio di Lost, il 6x11, dedicato al mitico Desmond, viene data finalmente una chiave importante per interpretare il filone alternativo dei flash-sideways che domina questa stagione finale. E lì mi si è acceso un lampadario.

Avverto che c'è pericolo SPOILER, ma insomma... Non vi fate scoraggiare. E' poca roba, davvero.

Allora.
Con l'idea che alcuni personaggi comincino a sospettare, grazie ad inspiegabili flash, che la realtà che stanno vivendo è in qualche modo "sbagliata", o ancor meglio "alternativa", gli sceneggiatori hanno potuto attingere a più di una fonte, immagino. Ma di sicuro la saga più famosa e recente che mi viene in mente ora è il crossover Marvel chiamato HOUSE OF M.
La trama in breve? In seguito alla follia di una mutante potentissima capace di alterare gli eventi, la realtà in corso viene trasformata radicalmente e i personaggi Marvel vivono delle vite alternative senza coscienza di questo "passaggio". Nonostante le loro esistenze attuali siano più vicine alla perfezione di quanto non lo fossero quelle classiche, alcuni di loro cominciano ad avvertire un senso di disagio e a ricordare quello che c'era (o che ci sarebbe dovuto essere) prima di tale sconvolgimento e cominciano a mobilitare altri amici e conoscenti per sovvertire il nuovo (finto) quasi-idillio. Non si tratta di una illusione alla Matrix, bensì proprio di una realtà alternativa, dove le vite di ciascuno si sono effettivamente sviluppate con presupposti ed evoluzioni differenti da quelle dell'universo originario a noi noto.

A questo punto mi chiedo: pur sapendo bene che gli sceneggiatori di Lost devono essere dei nerd di prima categoria nonchè divoratori di fumetti di ogni tipo, come reagiranno quando una vastissima fetta del loro pubblico (altrettanto nerd) bollerà questa trovata come "una scopiazzatura di House of M"? Vabbè che tutto qui è una mezza scopiazzatura, dai viaggi nel tempo al complottismo naturalista con salsa mistico-dicotomica, ma insomma...

Mi viene in mente il momento in cui i diabolici sceneggiatori avranno deciso di districare la matassa della questione flash. Sorseggiando drink sulla loro barca come i loro cugini italiani in Boris:
A: "Mannaggia, e mò che famo co 'sti flesc?"
B: "Ma non avevamo detto che era la realtà alternativa che ci sarebbe stata se l'aereo non fosse caduto?"
C: "Ma che stai dì? Mi sa che ti sei perso qualche passaggio... Abbiamo già fatto un casino con le date. E poi Sawyer poliziotto? E il padre di Locke? E il figlio di Jack? No no, non si può più fare."
A: "Mmmm, allora è tutto un sogno di Jack? O di Charlie mentre muore?"
B: "Aspettate, ci sono!"
A, C: "??"
B: "HOUSE OF M!!"
C: "House of M... house of M... AH!"
(in coro tutti e tre)
"HOUSE OF M!!!!"
A: "Genio. GE-NIO!!!"
C: "Grande, grande, così stiamo a posto per almeno due mesi!"
(si tuffa in acqua)
"E' CALDISSIMAAAAAAA!!"




martedì 6 aprile 2010

Che Pasqua sarebbe...


...senza bicarbonato?

giovedì 1 aprile 2010

Alice in 3DLand




Per l'occasione, volevo riportare anche qui sul blog personale il mio editoriale di questa settimana pubblicato su DoppioSchermo.
Confido che possa interessare almeno ai fan di Burton, ai detrattori del suo ultimo Alice e ai curiosi sul futuro del 3D in sala.
Ma anche ai cinefili in generale e a tutti i miei fedeli amici di blog (e non solo).
Buona lettura.




ALICE NEL PAESE DELLE 3 D. BURTON E IL CINEMA DEL FUTURO

A settimane di distanza dalla sua uscita italiana, non si può di certo obiettare il successo mondiale dell’ultimo film dell’acclamato Tim Burton. Il suo Alice in Wonderland, al di là delle polemiche varie – e per lo più sterili – che lo hanno circondato, è piaciuto ed ha incassato molto. E’ stata data molta risonanza al fatto che abbia scalzato addirittura il colossal Avatar dal record dei film più visti nella prima settimana in patria (si parla di 116 milioni di dollari). Ma è recentissima la notizia che lo stesso Alice, da settimane in cima alla classifica, è stato a sua volta soppiantato dal vertice ad opera del nuovo film animato della Dreamworks, Dragon trainer, anch’esso presentato e distribuito prevalentemente in 3D. La casa di produzione che ha dato alla luce la fortunata saga di Shrek ha infatti sbancato al botteghino con la storia edificante e fiabesca di un bambino vichingo dominatore di draghi (trama che riporta alla mente il film Dragonheart del 1996).

Questa osservazione è forse spunto utile per affrontare due brevi bilanci. Uno sul destino dei film in 3D. E l’altro sul futuro del buon Burton.

Sul primo punto è forse persino innecessario sottolineare come le recenti, entusiastiche ed abbondanti retoriche sulle nuove frontiere del cinema e sulla speranzosa nuova linfa economica per la fruizione in sala siano quantomeno premature se non viziate. Oltre al fatto che le cifre degli incassi sopra citati sono indubbiamente dovute per buona parte agli esorbitanti prezzi dei biglietti per le proiezioni in 3D, il podio sopra descritto – che non considera i risultati ancora migliori dell’approdo in sala del precedente Monsters vs Aliens, successo Dreamworks in 3D dell’anno scorso – evidenzia un assunto ancora abbastanza valido: la storia e la regia continuano a prevalere sulla spettacolarità della performance tridimensionale. Avatar, al di là della maniacale (ri)costruzione di faune e flore complesse e/o bioluminescenti che hanno letteralmente ipnotizzato gli occhialuti spettatori, è risultato per lo più una rielaborazione non troppo originale di miti e film già troppo amati per poter essere sostituiti nell’immaginario collettivo. Più interessante forse Alice in Wonderland di Burton che, bel lungi dall’imporsi rielaborazione iconografica post-moderna come era successo con Batman, suscita tuttavia più di qualche perplessità per la sua vera natura di pseudo-fantasy medievale camuffato da trasposizione autoriale, provocando molti arricciamenti di naso e deludendo più di alcuni per la evitabilità - anche come spesa - del suo 3D. Non stupisce quindi che al Ciciarampa burtoniano sia stato ora preferito il drago di Dragon trainer: un film che inaspettatamente, nella sua onestà di sceneggiatura, ha colpito per la bontà del suo messaggio e per la freschezza del suo racconto, approdando in sala senza gli strombazzamenti pubblicitari martellanti di Avatar e senza il richiamo di autori e attori feticcio del battage di Alice.

Passando ora al secondo nodo, c’è da capire se l’amato regista di Edward mani di forbice ed Ed Wood ha intenzione di invertire o cambiare il suo trend professionale, oppure di percorrere la strada tracciata in questi ultimi anni. Innanzitutto, da più parti ci si chiede se questo eterno sodalizio con il bravissimo e amatissimo Johnny Depp non sia in qualche modo giunto ad esaurire la propria raison d’être. Lo stesso personaggio del Cappellaio Matto nella sua ultima creazione ha avuto un peso shakespeariano che verosimilmente – è più che un sospetto – non avrebbe avuto motivo di assumere senza il traino carismatico dell’interpretazione di Depp. E l’idea di ripescare dal classico a scopo di remake-reboot-sequel, attuata fin dal 2001 a partire dalla sua fiacca versione de Il pianeta delle scimmie, partorì risultati non troppo convincenti anche quando osò rifare l’amatissimo Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato in una modernizzazione un po’ kitsch e difficilmente paragonabile al modello originale. Fino ad arrivare, ovviamente, alla sua recentissima e ancora discussa (e discutibile) lettura carrolliana. Eccezioni esemplari furono il già citato Batman, che ebbe il merito di reinventare completamente l’immagine cinematografica preesistente del personaggio, e il più vicino Sweeney Todd, che trasponeva un musical molto noto in patria con risultati notevoli.

Ma soprattutto: anche Burton cederà sempre più facilmente alle suggestioni dell’inflazionato effetto 3D o tornerà a stupirci con i suoi toni dark, le sue magie in stop motion, le sue storie bizzarre e sopra le righe ma in fondo dalla magia quasi artigianale, da bottega delle meraviglie? Fra i suoi progetti annunciati spiccano due film in stop motion e 3D (Frankenweenie e un adattamento del fumetto originale della Famiglia Addams) e il più imminente Dark Shadows, adattamento di una serie TV anni sessanta ambientata nel mondo di vampiri e creature soprannaturali. Sempre con Jonnhy Depp come protagonista nella parte “maledetta” del patriarca vampiro.

I fan di tutto il mondo attendono fiduciosi. Vedremo come si evolveranno entrambi i versanti. E nel frattempo, speriamo di dover indossare occhiali scuri più spesso al sole primaverile ed estivo che al buio di costosissime – e poco vertiginose - visioni cinematografiche.