domenica 28 giugno 2009

Depende


Sarò breve, stavolta: sono in Spagna, ci starò tre mesi e in questo momento scrivo senza corrente con un centrino.
Appena potrò, resoconterò come potrò le mie esperienze socioculturali. Qui ho una wireless, ma se scriverò da casa o dal lavoro, dipende da fattori ancora ignoti ed imprevedibili.
Ad ogni modo, cercherò sempre di seguire i blog amici, commentare e rispondere ai commenti.

Hasta pronto!

giovedì 25 giugno 2009

Cuccuruccucù, Palomba...


Ho scoperto Johnny Palomba grazie ai suoi contributi su FilmTv (in realtà, una delle poche cose da me gradite della nuova gestione), e sempre lì sono venuto a conoscenza del saggio Tuttopalomba, che contiene il meglio delle sue - nell'ambiente - note "recinzioni".
E per creare un'ideale continuità semantica con il post precedente, mi permetto di riportare gli incipit di un paio di esse. Giusto per chiarire di cosa stiamo parlando...


AIRONMEN

chenfatti a aironmen cestà uregazzetto che cià tipo nafabbrica depistole fucili miccette tricchetracche e castagnole chepperò ancerto punto sepenza: basta lagguera è nacosa teribbile dimolo nunè peggnente giusta bisogna finilla decostruì ste teribbili armi che semineno morte eddistruzzione bisogna finilla subbito anche perché ammé chemmefrega già mesò aricchito allora infatti storegazzetto semette dù pentole intesta eddice io sò lomodacciaio inox anodizatoenossidabbile sò naspecie de infisso umano che combatte contro lagguera! [...]


CHIRBILLVOLUMEDDUE

che infatti allora doveravamio rimasti? che infatti cestava napischella bionna incazzosa che iaveveno fatto cabbrio ermatrimogno cottutti linvitati allora infatti lei naaprima puntata spanza tutti envece naaseconna umpò laspanzano allei che infatti ancerto punto la piiano e lamettono sottotera arverano mallei sencazza erriesce auscì lostesso che infatti sericordava de esse incazzosa perché infatti era annata allezzione de incazzosità danvecchio cinese che iaveva imparato affà a stecche e soprattutto a usà ercric enfatti lei sencazza conantra bionna che ie dice eddai stavo ascherzà mannunpoi chiude unocchio? [...]


Certo, per chi è completamente estraneo alla cultura ed all'idioma romaneschi, queste analisi critiche potrebbero apparire di difficile gradimento o presa. Ma persino io, che non mi sento romano neanche un pò per adozione - nonostante ormai stia per arrivare al primo lustro del mio domicilio capitolino -, non riesco a resistere all'ingenua schiettezza di queste "recinzioni". Che già nella loro etichetta , svelano il paradosso reale dell'arte cui anelano di appartenere (e cui in effetti appartengono a pieno diritto), smantellandolo nella maniera più costruttiva possibile.


lunedì 22 giugno 2009

A come "Arecensione"


A volte scrivere opinioni su un film, un libro, un cd o qualunque altro tipo di prodotto/evento può essere un'arma a doppio taglio. Sono note le riserve del grande pubblico nei confronti dell'arte recensoria, e chi si interessa di un settore culturale in particolare avrà sperimentato dozzine di volte il fenomeno della quasi totale uniformità di giudizio riguardo ad un titolo particolare, riducendo le singole recensioni a semplici variazioni sul tema. O anche lo spiazzante fenomeno esattamente opposto.

Per questo motivo, a costo di sembrare puerile, oggi volevo lanciare se non proprio una rubrica per lo meno un'idea agli antipodi: l' ARECENSIONE.
Si tratta di un pezzo o di un semplice trafiletto (per lo più molto breve) che può universalmente andar bene - salvo alcune piccole variabili - per qualunque oggetto culturale e non.
Come indica l'alfa privativa, rappresenta la negazione della recensione classica. Ovvero: mentre la recensione cerca di analizzare qualcosa che si è visto, mettendone in evidenza i punti più o meno interessanti, suggerendo anche per quale motivo usufruire di un certo prodotto culturale oppure starne a debita distanza, l'arecensione non può (nè intende) fare nulla di tutto ciò, perchè si rivolge a prodotti dei quali si conosce a malapena l'esistenza ma non si sa pressochè nulla, che quindi non si possono consigliare a nessuno non per inconsistenza o pregiudizio ma proprio perchè se ne ignorano tematiche, pregi, difetti e rilevanze artistiche di alcun tipo.

Ne riporto un esempio qui sotto.
Per comodità prenderò in esame un libro, e quindi le "variabili" che potrebbero cambiare concernono il campo semantico della lettura. Oltre che, ovviamente, elementi più indubbiamente contestuali.
Vado.


HO SOGNATO DON CHIS
CIOTTE, di Romina Power.

Trama: Tenerezze, risate, confidenze, nostalgie, bisogno d'amore: sono questi i sentimenti che accompagnano due amiche in vacanza in Spagna. Qualcuno tuttavia le osserva, le segue, e vorrebbe rubare loro la vita, le esperienze, i baci dati di nascosto, il battito del cuore che Juan, un giovane torero, provoca ad entrambe. Qualcuno che è incapace di vivere. Qualcuno che non può fare altro che scrivere. E' Mick, uno scrittore americano che sta fuggendo da se stesso e dall'orrore della pagina bianca. Danzando un valzer delle illusioni e delle seduzioni, Rachel e Ingrid si abbandonano alla confessione dei loro desideri. Ma sarà la musica del flamenco ad accompagnare le loro fantasie. Compresa quella di maternità, il desiderio più antico e profondo di ogni donna.

Arecensione: Non sapevo nulla di questo libro, quando lo vidi la prima volta. E potrei tranquillamente affermare che il mio stato di conoscenza e di esperienza in proposito non sia progredito di alcunchè. Ignoro quale sia lo stile narrativo della Power, le sue suggestioni letterarie, la simbologia e la retorica ricorrenti in questo suo romanzo. Non posso dire nulla su elementi non particolarmente innovativi nella sua prosa, nè sulla sorpresa rappresentata dall'eventuale freschezza di quest'ultima. Sarebbe azzardato persino accennare all'importanza di temi come la maternità, l'amore, l'amicizia, la creazione artistica o l'alienazione - intuibili dalla sinossi - proprio perchè non ho letto nemmeno un misero strafalcione del libro.
Concludere quindi dicendo che la Power è riuscita, con garbo e femminilità, a regalarci una storia on the road intrisa di valori tradizionali, oppure che ha sfornato la classica robaccia alla Susanna Tamaro con venature vagamente thriller, purtroppo, non spetta a me.
E non saprei nemmeno dirvi a chi.

mercoledì 17 giugno 2009

Mi eccito con poco.

E questo, a mio parere, non è neanche "poco".



Da noi minacciano di farlo uscire a Natale (manco fosse il solito colossal animato in 3D), mentre negli USA lo vedranno quest'estate.
Beh, non solo negli USA, scommetterei...

lunedì 15 giugno 2009

Nasce un poco strisciando


E' quasi omonimo del pensiero stupendo di praviana (o fossatiana) memoria, ma anch'esso è ormai enigmisticamente legato in maniera assai personale all'intrattenimento balneare di gruppo.
Parlo del pensiero laterale.
Pescando direttamente dall'insostituibile Wikipedia, per pensiero laterale "si intende una modalità di risoluzione di problemi logici che prevede un approccio indiretto, ovvero l'osservazione del problema da diverse angolazioni, contrapposta alla tradizionale modalità che prevede concentrazione su una soluzione diretta al problema. Mentre una soluzione diretta prevede il ricorso alla logica sequenziale, risolvendo il problema partendo dalle considerazioni che sembrano più ovvie, il pensiero laterale se ne discosta (da cui il termine laterale) e cerca punti di vista alternativi prima di cercare la soluzione". Per un'applicazione pratica di questo tipo di approccio interessante e divertente, si legga l'esempio dello stesso link di Wikipedia.

Nell'estate del 2005, ebbi la fortuna di trovare in edicola un libro interamente dedicato ad enigmi basati sul pensiero laterale (concetto che già conoscevo senza però chiamarlo) e non solo fu una lettura utilissima per ravvivare i momenti di gruppo di quell'estate, ma diventò subito per me un classico -come già detto- dell'intrattenimento corale su spiaggia. Si intitolava Enigmi e giochi creativi, ed era un allegato di Panorama.

Certo, si tratta di un sistema di pensiero che ha le sue falle, e che in qualche modo va perdonato per le sue ingenuità o forzature (un pò come i rebus o i giochi di logica classici), ma una volta capito il meccanismo può portare gli animi più caparbi ad ostinati, longevi ed orgogliosi scervellamenti - che proseguono imperterriti nonostante sia previsto dal gioco lo snocciolamento di indizi più o meno mirati -.

Sempre presupponendo che qualcuno abbia letto l'esempio di Wikipedia, indicherò qui di seguito tre di questi giochi: uno molto semplice, uno medio ed uno difficile (direi più che altro cervellotico). Ovviamente, senza le rispettive soluzioni.
E anche qui, mi farebbe piacere "giocare" un pò con voi.
Siete pronti?

Quesito 1) CRESCERE DIVENTANDO PIU' GIOVANI
Ben aveva 20 anni nel 1980, ma solo 15 nel 1985. Com'è possibile?

Quesito 2) RENDERSI CONTO
Un uomo stava scendendo le scale in un edificio, quando si rese improvvisamente conto che sua moglie era morta. Come fece?

Quesito 3) UN PIATTO MORTALE
Due uomini si recarono al ristorante e ordinarono lo stesso piatto. Dopo averne mangiato un boccone, uno dei due uomini si alzò, si precipitò fuori dal ristorante e si uccise con un colpo di pistola. Perchè?


Tecnicamente, potete anche fare alcune domande per chiarire un pò il quadro. Domande semplici, che richiedano solo un "si" o un "no". O al limite, un "ininfluente".

mercoledì 10 giugno 2009

Le stagioni dell'Enigmist(ic)a


E visto che siamo già nella giocosa atmosfera estiva, cavalcando il mood del post precedente, voglio soffermare questa volta l'attenzione su un fenomeno che domina (e talvolta risorge in) questo caldo trimestre fatto di pigrizia, sudori, tintarelle, insalate di riso e relax più o meno ombreggiati.
Lo so, lo so, la maggior parte di noi - mi ci includo pure io per mera empatia - ormai da lustri ha dimenticato l'ebrezza di interi mesi distesi al sole, e si è ormai dovuta rassegnare a risicate e concentratissime ferie di fortuna, in località spesso ignote fino a pochi giorni prima della partenza.
Ad ogni modo, lasciatemi passare questo nostalgico e rassicurante quadro ozioso della stagione per introdurre degnamente l'oggetto del post odierno: l'enigmistica.
Quanti di voi si scervellano con l'istituzionale Bartezzaghi e il didascalico Ghilardi, entrambi per lo più impossibili, quasi solo in questo periodo? Chi non si ritrova a cimentarsi con le indagini di Leo, seppur nuove, con lo stesso spirito naif con cui ci si sofferma a guardare repliche notturne di telefilm (o film horror) improbabili col segnale instabile di una casa al mare? Come non avere quel brillio negli occhi quando si riesce ad intravedere la figura che potrebbe venir fuori senza nemmeno iniziare ad unire i puntini numerati? Quant'è piacevole la dannazione di cercare imperterriti le ultime due differenze delle vignette, saltando bagni e partite a racchettoni? E che infantile ma sublime piacere può dare l'intuire la soluzione di arcani indizi come "gli estremi dell'arcobaleno" o "nel centro della piazza"? Infine: quale senso di potere può dare il riconoscere a colpo d'occhio la chiave di un rebus dove il lessico prevede che un tizio legato e scortato dalla polizia sia sempre e solo un reo e mai un arrestato?
A chi i giochetti enigmistici li fa sul serio - escludendo gli abusati crucintarsi e quei parvenu dei sodoku -, questa mia carrellata può sembrare decisamente modesta e poco brillante. Purtroppo devo ammetterlo: l'enigmistica (soprattutto la Settimana) mi piace, ed ha la mia più piena benedizione; ma non ho mai raggiunto risultati particolarmente incoraggianti o costanti negli anni, e un'abbondante metà dei giochi proposti sono troppo complessi per rapire la mia attenzione. Ma credo che, come in quasi tutte le sviolinate celebrative, sia la suggestione (e non la puntualità descrittiva) la cosa più importante da condividere.

TUTTAVIA, sfogliando con aria snob una "vecchia" Settimana Sudoku di mio padre, ho trovato una rubrica inaspettatamente interessante dall'indicativo titolo MAGNA RIMA!
Si tratta di una serie di anagrammi da analizzare per risolvere delle soluzioni chiave. Forse nulla di nuovo, è vero, ma ciò che mi ha colpito di più è stato il singolare tema di quel numero, in cui le soluzioni portavano a nomi di personaggi storici celebri.

E così, ecco alcuni stupefacenti esempi:
- Appannarono le beote => NAPOLEONE BONAPARTE
- Solo comfort borico => CRISTOFORO COLOMBO
- Stile ibernante => ALBERT EINSTEIN
- Un buco migratorio => MARCO GIUNIO BRUTO

ed infine, il mio preferito:
-Sbocconcellavano due timori.

Ma sarebbe un peccato bruciarla così...
Chi di voi si cimenta per darmi la soluzione? ;)

PS
E visto che siamo in qualche modo in tema, ditemi anche cosa ne pensate di questa:


domenica 7 giugno 2009

Spirito di gruppo


Del fenomeno Facebook esiste già una letteratura abbastanza nutrita, cha va dai libretti satirici ai romanzi, passando per i saggi e approdando addirittura al cinema per colonizzare persino le edicole.
Della questione feisbucchiana può piacere più la componente complottista e orwelliana (assolutamente condivisibile) o quella comunicativo-sociologica (preponderante), o persino quella più ampia e superficiale antiretorica di chi tante questioni di opportunità o di novità quasi non se le pone.
Su una cosa però la comunità di Facebook non può che essere concorde: la fantasia dei creatori di gruppi e fan club.
E preciso che non parlo nè dell'utilità nè del potere mediatico di questi gruppi, ma della mera originalità che contraddistingue molti di essi.
In questo senso, la chiave che mi interessa di più -e che credo sia anche più gradita in generale- è quella ironico-satirica.
Qui di seguito mi sono permesso di stilare una Top Ten dei 10 nomi di gruppi facebook più divertenti letti finora, lasciando il podio alla fine. E' sempre presente, in essi, una certa componente scurrile (che finora è invece sempre stata assente dal blog), ma direi che non avrebbe senso operare censure in un post come questo.

Bene, cominciamo.

10) " Aggiungiamo il pulsante E sti cazzi vicino a Mi piace. " (giustissimo)

9) " Quelli che tentavano di far ridere il sofficino findus...invano... " (pirandelliano)

8) " L'unica chiesa che illumina è quella che brucia. " (cattivello)

7) " Quelli che...: per quale cazzo di motivo l' OMINO BIANCO è NERO??? " (vedere foto)


6) " Dio, ridacci Freddie Mercury e riprenditi Gigi D'alessio " (utopistico)

5) " ARISA: Sincerità pe' Sincerità, dillo che ti chiami ROSALBA PIPPA. " (schietto)

4) " Quelli che pensano che Di Caprio si salvava se Rose spostava un po' il culo " (vedere foto)



3) " Oggi non ho un cazzo da fare perchè ieri non avevo un cazzo da fare ma non ho finito. "
(questo, purtoppo, ho dovuto parafrasarlo perchè -ahimè- non sono riuscito a ritrovarlo)


2) " Ma che cazzo c'è sotto la panca che ogni volta la capra muore? " (condivisibilissimo)


e infine...
1) " PAGHIAMO A JESSICA FLETCHER UN WEEK END AD ARCORE... "
(no comment)

giovedì 4 giugno 2009

Che orecchie grandi che hai...


Nel competitivo mercato del cinema d'animazione in 3D, non ebbe qui da noi particolare fortuna tre anni fa un piccolo film a cartoni animati che, per quanto statunitense, era ben lontano dai livelli tecnici delle major Dreamworks e Pixar (e persino dai Blue Sky Studios de L'Era Glaciale).
Si tratta di Hoodwinked, da noi tradotto con l'accettabile CAPPUCCETTO ROSSO E GLI INSOLITI SOSPETTI.
La pelliccola, dalla trama abbastanza semplice ma a mio parere non banale (soprattutto considerato il target), è decisamente piacevole ed ironica, con un garbato pizzico di citazioni che piace ai grandi e che non frastorna gli ignari piccoli.
In realtà, però, cio a cui facevo più caso durante la visione era la colonna sonora.

Le varie canzoni presenti del film erano doppiate in italiano, e il mio pensiero durante la visione era il seguente:
- Caspita, le musiche e gli arrangiamenti sono proprio fighi. Peccato che le voci e i testi in italiano siano così banali. Ma vuoi vedere che se riesco a recuperare le musiche originali, potrei rimanere sorpreso?
E così fu. Grazie alle infinite possibilità della rete riuscii ad ascoltare le canzoni in originale, e davvero scoppiò un piccolo colpo di fulmine.
Non si tratta, in questo caso, del solito discorso "l'originale è sempre meglio del tradotto/doppiato". Ad esempio, per i classici Disney, la cura nella scelta degli cantanti italiani nonchè dell'adattamento dei testi delle canzoni è comunque abbastanza alta, perchè l'obiettivo è quello di rendere la versione italiana del film tanto unica (oserei dire mitica) per noi quanto lo è la versione originale per il suo paese d'origine. Quando purtroppo non siamo dalle parti di grandi produzioni (figuriamoci animate), ciò che all'estero rimane delle parti cantate è, nella migliore delle ipotesi, un doppiaggio un pò più intenso. E questo è davvero un peccato.
Qui posto un video con la mia canzone preferita dell'album. Non ho messo lo spezzone di film che la contiene, ma una versione acustica con un accompagnamento visivo e in versione karaoke.
Semmai doveste recuperare poi il cartone, riconoscerete senza ombra di dubbio il momento in cui si colloca la corrispondente versione italiana. E poi mi direte se l'effetto finale (vocale, drammatico e soprattutto testuale) della nostra versione non rende tutto così dannatamente inutile.



Tra l'altro, proprio cercando foto per questo post, ho scoperto che è in postproduzione il sequel del film, Hoodwinked 2: Hood vs Evil. E queste sono sempre piccole chicche per un pigro internauta tardoprimaverile come me.