lunedì 30 marzo 2009

Con gli anni non sempre aumenta la saggezza...

...ma sicuramente la saggistica si.
Ed ecco i prossimi due saggi che mi piacerebbe leggere. Sempre che riescano a spezzare questa pigrizia che mi sta portando, negli ultimi anni, ad accumulare tanti libri per poi leggerne solo pochissimi all'anno (a vantaggio di fumetti e graphic novel).

Il primo è questo:




Il secondo è questo:



Anche se cose per me invitanti ne sono uscite a bizzeffe pure in ambito narrativo...

venerdì 27 marzo 2009

F&F: Solo tamarri originali


Non mi capita così spesso di avere la possibilità di partecipare a delle anteprime cinematografiche, e quando succede non faccio di certo lo schizzinoso.
L'ultima volta, però, ho davvero messo alla prova me stesso andando alla proiezione speciale di FAST & FURIOUS: SOLO PARTI ORIGINALI.
In realtà, non sono il classico cinefilo snob che adora solo polpettoni metafisici, drammi sociali, piccole produzioni indipendenti o commedie senza tempo a scapito di blockbuster hollywoodiani, instant-movie di puro intrattenimento o film d'azione/horror/demenziali. Per fortuna, prima di manifestare in maniera sempre più massiccia le mie distanze -generazionali ma non solo- dai miei genitori in fatto di gusti filmici, ho avuto modo di apprezzare per anni film catastrofici a bizzeffe: macchine che esplodono, sequenze spettacolari improbabili, retorica a fiumi smorzata da ironia smargiassa, corpi palestrati capaci di acrobazie superumane ma non di semplici cambi d'espressione attoriale.
Ma Fast & Furious è diverso. Io non avevo visto nessuno dei capitoli precedenti, sebbene Vin Diesel non mi dispiacesse neanche troppo. Ma non perchè io abbia nel frattempo rinnegato la dignità di quel tipo di cinema, nossignore.
Il mio problema sono le macchine.
Dire che io non abbia il culto del motore sarebbe riduttivo.
Io proprio non lo concepisco.
Ma soprattutto, ho sempre percepito come molesta (sia nel piccolo paese che nel grosso centro urbano) la figura del ragazzo -o dell'uomo- che questo culto lo pratica e lo alimenta.
Lo stereotipo, mai come in questo campo, è tutto fuorchè superato o non attuale. Sembra che sia impossibile trovare qualcuno che abbracci la retorica della velocità e della potenza senza l'accompagnamento di tamarrissima musica tunz-tunz, di gnocca seminuda di puro ornamento libidinoso (il mortificante binomio donne-e-motori) e di imbarazzanti propensioni al lusso più pacchiano e sfrenato. Per non parlare dei discorsi di carattere sociale o politico.
E l'antemprima di questo film sembrava, ad una prima occhiata, un festival di questo stereotipo.

Probabilmente si potrà obiettare che -per esempio- anche le convention di appassionati di fumetti o di fantasy sono a loro modo delle fiere tese ad alimentare il culto di stereotipi connotati in modo altrettanto fastidioso. E, del resto, ogni evento mondano e culturale che raggruppi un target ben preciso rischia di diventare una spocchiosa ed autoreferenziale celebrazione di un universo di valori "dubbio", o perlomeno difficilmente comprensibile ai più.
Però non ci posso fare niente: certe retoriche, per quanto partigiane, continuano a convincermi più di altre.
Ma soprattutto mi chiedo se nessun amante dei motori si senta vagamente, che so,
"offeso" da questa continua sagra del kitsch che tende a rappresentarlo.

mercoledì 25 marzo 2009

Il blues della propria terra



Magari sarà una tamarrata incredibile, o un piccolo gioellino indipendente e imprevisto.
Ad ogni modo, parte da un assunto condivisibilissimo e -direi- ovvio per tutti i pugliesi:
la focaccia barese è TROPPO buona perchè rimanga confinata in una sola regione.
Ma saranno riusciti (o riusciranno) i nostri eroi a sensibilizzare intere popolazioni regionali all'oleosa libidine della pomodorosa delizia nostrana?
Io, nel dubbio, preparo pacchi extra di tovaglioli.
(gnam gnam...)

lunedì 23 marzo 2009

Ma quale "evolution"?



Per uno che non ha mai amato DRAGON BALL, il suo mito, i suoi disegni, la sua retorica da scontro quasi fine a sè stesso in scenari grotteschi (sebbene via via sempre più privi di connotazioni comiche), il suo culto della potenza infinita e dell'immortalità come unici mezzi di autorealizzazione, e -soprattutto- le inutili e fluviali polemiche da esso partorite che hanno contornato il fenomeno manga e anime nel nostro paese (anf-anf-anf) ,
guardare questo trailer (o i precedenti in lingua originale) e constatare fino a che punto potrà essere imbarazzante il film hollywoodiano ad esso ispirato non può che provocarmi un catartico sorrisetto beffardo.

Lo so, con Goku & Co. sono particolarmente cattivo.
Ma il mio non è moralismo: è semplicemente lo sfogo critico di un detrattore di DB che, però, ama comunque anime e manga.
E poi so che se non ci fosse stato Dragon Ball in tv (e se il relativo manga non continuasse a vendere così tanto ogni volta che viene ristampato) non ci sarebbe stato nemmeno lo stesso coraggio nello sdoganare tante nipponiche serie ben più interessanti.
E: si, lo ammetto, molte cattiverie analoghe potrebbero essere rivolte anche a KEN IL GUERRIERO.
Ma che ci posso fare: Ken a me piace. E cercherei in tutti i modi, all'occorrenza, di dimostrarne credibilmente la raison d'être...

venerdì 20 marzo 2009

E' facile ber Crodini, ma se si tratta di Ber Gonzoni...


Avevo già citato, in questo blog, il canuto comico bolognese.
Di suo non ho letto nulla, nè ho visto in tv -o in dvd- alcun suo spettacolo registrato. Solo, qualche anno fa, quando ancora non l'avevo mai sentito nominare, fui "trascinato" a teatro a vedere un suo spettacolo da un gruppetto di amici che già lo adoravano da tempo. Conoscendomi bene, loro erano convinti che la sua comicità fatta di continui giochi di parole e di deliri linguistici sul filo del surrealismo mi avrebbe conquistato.
Quella volta la mia reazione fu tiepidina. Si, ricordo che i miei amici ridevano di gusto e che, preso dal traino della complicità, anch'io ero più portato al divertimento e alla risata di quanto avrei fatto spontaneamente in solitudine. Comunque: alla fin fine mi rimasero un buon ricordo, il proposito di approfondire il discorso Bergonzoni (recuperando qualche libro o spettacolo precedente) e una sorta di rispetto verso una figura attoriale fuori dai grandi circuiti e portatore di una comicità sofisticata ma al contempo semplice.

Soltanto anni dopo, cioè ieri, dopo l'acquisto quasi d'impulso di due biglietti del suo ultimo spettacolo, NEL, mi sono concesso di riavvicinarmi a questo comico. Credevo che, essendo passato un lustro, sarei stato più preparato, che mi sarei lasciato trasportare in maniera più complice da un suo lungo monologo metalinguistico. E soprattutto, speravo che la mia accondiscendente ragazza (praticamente "trascinata" lì da me, come all'epoca lo fui io da altri) potesse apprezzare il comico "metafisico" in modo trionfale e pieno, al primo colpo.
Risultato: io mi sono annoiato per i 3/4 dello spettacolo (ed ero ATTENTISSIMO) mentre la mia dolce metà ne pareva "martoriata".
Eppure, la cosa strana, è che se dovessi dire cosa penso di Bergonzoni, non riuscirei a dire che non lo sopporto, o che mi annoia.
La prima cosa che mi verrebbe da dire è che è bravissimo. E lo è, davvero. Non deve essere facile portare avanti lunghi monologhi con il suo stile così serrato e a flusso di coscienza.

Insomma, anche se può suonare contraddittorio, il mio giudizio più immediato sarebbe:
mi piace ma non mi diverte più di tanto;
apprezzo il suo stile ma non completamente le sue performance;
ha la mia benedizione ma non la mia presenza ai suoi spettacoli.
E' anche questo solo un sottile paradosso concettuale, o ha senso per voi?


PS: però una battuta sentita ieri credo sia particolarmente meritevole, perciò ve la riporto:
"Pronto, Centro Orfani Ottimisti"
"Papà, sei tu?"

mercoledì 18 marzo 2009

Due -o tre- Piccioni con una fava


Negli anni adolescenziali in cui cominciavo ad aprire i miei ristretti orizzonti cinematografici internazionali e fracassoni anche alle storie minori ed intimiste di certo cinema italiano, uno dei nomi di registi che amavo ripetere era quello di Giuseppe Piccioni.
Di suo ho visto 5 film, e più o meno tutti recuperati nello stesso periodo. Un paio effettivamente erano molto modesti. Altri invece mi colpirono un pò di più per il loro tocco delicato e per la colonna sonora (indimenticabile quella di Einaudi per LUCE DEI MIEI OCCHI).
Attrice feticcio di questo regista è stata Sandra Ceccarelli, non sempre troppo apprezzata dal pubblico per quel suo aspetto perennemente stanco o sfatto da "donna senza sonno", ma che a me invece affascinava -affascina- parecchio.
La notizia dell'uscita del nuovo lavoro di Piccioni mi aveva subito allertato, e con una certa soddisfazione ho constatato che il regista ascolano continua a dare un peso importantissimo alla componente musicale del suo cinema. Il suo ultimo film, infatti, vede alle musiche un gruppo che qualche mese fa mi aveva letteralmente ossessionato col suo recente album: sto parlando dei BAUSTELLE, complesso rock (o come indica Wikipedia, indie-rock) originale e virtuosamente francofilo.
Spero di riuscire quanto prima a godermi questa duplice esperienza visiva e musicale in una delle poche sale di Roma che proietta il film.

Un altro nome -forse meglio dire "l'altro" nome- italiano che ricorreva spesso in quegli anni era Mimmo Calopresti, che successivamente si è dedicato più al genere documentaristico.
Ma chissà che presto, magari prestissimo, anche lui non torni al cinema.
Così, giusto per calcare questo mio personale ricorso storico...



lunedì 16 marzo 2009

L'immigrazione spiegata a mio figlio


Fu poco prima di Natale. Un vero colpo di fulmine.
Bastò un'occhiata alla copertina per spingermi ad esplorarne l'interno, e bastò quella breve carrellata alle patinate pagine del volume -nonchè la promozione del 20% su tutti i libri- ad impormi l'acquisto
(ok, l'acquisto in realtà lo fece la mia ragazza; ma non è questo il punto...).
Solo in seguito ho letto in giro varie recensioni sul meraviglioso e muto libro de L'APPRODO, e quasi tutte dicevano che si tratta, fra le altre cose, di una splendida favola concepita per i più piccoli.
Beh, se così fosse, questo gioiello sarebbe un buon motivo -probabilmente uno dei pochi- perchè un bambino di oggi possa sentirsi realmente privilegiato.

PS: Il link di prima è molto indicativo per capire di cosa si tratta, sia in quanto a senso generale che a stile grafico. Vi prego: siate curiosi...

venerdì 13 marzo 2009

L'accendiamo?


Uno dei film indubbiamente più belli e spettacolari visti negli ultimi mesi è senz'altro l'ottimo THE MILLIONAIRE di Danny Boyle, i cui meriti sono stati universalmente più stilistici che sociali.
Tuttavia, proprio oggi mi è capitato di leggere su Internazionale un interessante parere della scrittrice Arundhati Roy (famosa soprattutto per il romanzo Il dio delle piccole cose, che non ho letto).
Nell'articolo, pur riconoscendo la bellezza formale della pellicola, l'autrice ne sottolinea in qualche modo la pericolosità ideologica.
Riporto alcuni spezzoni del contributo (mettendo in grassetto le parti più significative):

"The millionaire permette ai cattivi (quelli veri) di prendersi il merito del suo successo perchè non punta il dito contro nessuno, non indica nessun responsabile. Tutti possono sentirsi contenti[...]
The millionaire non solo non scalfisce il mito dell'India 'che risplende', ma trasforma quella 'che non risplende' in un altro elegante prodotto da supermercato[...]
Il cumulo di luoghi comuni, clichè e orrori di The millionaire finisce per banalizzare quello che succede nel paese. Politicamente, il film decontestualizza la povertà, la trasforma in una scenografia epica, dissocia la povertà dai poveri. Trasforma la miseria dell'India in un paesaggio, come un deserto, una catena montuosa o una spiaggia esotica, una cosa creata da dio, non dall'uomo [...]
The millionaire sta vendendo la versione più a buon mercato del grande sogno capitalista, in cui la politica è sostituita da un gioco a premi, una lotteria che permette ai sogni di una persona di avverarsi mentre quelli di milioni di altre persone, paralizzati con la droga della speranza impossibile (lavora sodo, sii bravo e con un pò di fortuna potresti diventare milionario), vengono usurpati."

Direi che si tratta di un punto di vista assai condivisibile, e ancor più carico di intensità se si considera che viene da una scrittrice indiana (anche politicamente impegnata).
Tuttavia, avendo visto quasi tutti gli altri film del regista -il più famoso dei quali rimane TRAINSPOTTING- ed avendo molto amato questo ultimo lavoro, posso dire che non mi è mai passato per la mente che il suo fosse un approccio superficiale alle reali problematiche del paese in cui è ambientata la vicenda.
Sicuramente non si tratta di un film "sociale". Chi lo affermasse, farebbe lo stesso errore che all'epoca fecero coloro che amavano considerare IL MIGLIO VERDE come un film sulla (leggi: contro) la pena di morte, o MYSTIC RIVER come un film sulla pedofilia, eccetera.
Le intenzioni e le storie, in tutti questi esempi, erano altre.
E alla luce di quest'opinione di Arundhati Roy, ora mi chiedo -e chiedo a voi-: in che modo si è autorizzati ad apprezzare il film senza dare l'idea di accettare alcuna svendita della realtà?



mercoledì 11 marzo 2009

Breve analisi di un'aberrazione. Due punti.

Giusto per non prenderci troppo sul serio...

1) "Non sono andato da psicologi psichiatri preti o scienziati, sono andato nel mio passato ho scavato e ho capito tante cose di me".

Ma certo. Tutte le consapevolezze raggiunte sull'influenza nefasta della madre ossessiva e del padre smidollato, e le conclusioni ad effetto come "cercavo negli uomini chi era mio padre, andavo con gli uomini per non tradire mia madre" non VOGLIONO assolutamente SEMBRARE legate alla psicanalisi o alla psicologia.
Come a dire: nessuno mi accusi di abbracciare certe tesi reazionarie sulle cause di questo... di questa... cosa.

2) "Questa è la mia storia, solo la mia storia, nessuna malattia, nessuna guarigione".

Stesso discorso. L'alibi di aver raccontato solo una storia dovrebbe essere, secondo l'autore, indicativo delle sue lodevoli intenzioni di NON generalizzare. Ma chissà perchè cantare, su un tema così controverso -sul quale molta disinformazione viene ancora abilmente strumentalizzata- e sul palco del più catalizzante evento mediatico dell'anno, giusto quella storia lì.
Ometto, poi, le analoghe riflessioni sulla doppia negazione finale del binomio malattia/guarigione: un alibi ancor più posticcio e snervante.


E non mi si dica che il punto non è la reale rappresentatività statistica del caso affrontato e cantato, perchè se uno come POVIA (per me perfettamente rappresentato da questa intervista) canta una canzone sull'OMOSESSUALITA' a SANREMO, non può non voler rivolgere una tesi ben precisa ad un pubblico vasto, compiacente e compiaciuto.

Sul tema dell'ambiguità e dell'indecisione sessuale, era molto più onesta ed interessante GINO E L'ALFETTA di Silvestri.
No, non lo dico per scherzo. Provate a riascoltarla attentamente...



domenica 8 marzo 2009

Il lato B dei ricordi


A volte, per condividere l’onda d’urto di un tuffo al cuore con chi può realmente apprezzarlo, basta una semplice foto amatoriale che immortala un ritrovamento inaspettato.
E magari, dal lato più trascurato.
Mentre cercare di spiegare o nobilitare il fenomeno o l’evento illustrato può rivelarsi addirittura ridicolo (quando non deleterio). Per questo motivo, limiterò l’approfondimento al canonico invito ad indagare fra gli sconfinati meandri del web, dove forum e siti nostalgici regalano dettagli e aneddoti per ogni curiosità.

giovedì 5 marzo 2009

Retro-action Vigor(sol?)



Gli amanti della serialità conoscono bene l’artificio narrativo della retrocontinuity, anche se probabilmente non tutti lo chiamano così (o, semplicemente, lo chiamano).
Quando uno sceneggiatore decide di cambiare le premesse, le motivazioni o la storia di un personaggio introducendo un evento nuovo del suo passato che lo trasforma –con varie gradazione di intensità- davanti agli occhi e al cuore del suo fedele pubblico, si sta assistendo proprio al succitato processo, spesso contratto nel più comodo termine retcon.
Ad esempio, se dopo anni e anni di paternità protettiva ed orgogliosa e di palesi manifestazioni preferenzali per il suo ipermascelluto primogenito, Eric scopre che Ridge Forrester non è più un Forrester bensì un Marone, la prospettiva di quello che avverrà in futuro nonché di quello che è già stato dovrà essere letto alla luce della nuova e scabrosa scoperta.
Allo stesso modo, se ad un certo punto della sua vita il mite Peter Parker scopre che il suo primo e defunto amore Gwen Stacy non era il volto più puro e candido degli spensierati anni 60 bensì una fragile ragazza madre vittima (per di più a sua insaputa) di una violenza sessuale, è inevitabile che lo Spiderman che continueremo a leggere dovrà rivedere il suo universo di valori e di icone.

Del tutto diverso è, rimanendo sempre dalle parti del famoso aracnide, se un’azzardata mossa commerciale porta a “resettare” parte del vissuto dell’Uomo Ragno con un paio di diabolici colpi di spugna, eliminando così gli ultimi anni più maturi e realistici della sua esistenza e gli eventi ad essi legati (il matrimonio, la rivelazione della propria identità a zia May, la morte del migliore amico Harry, eccetera). E per di più, con il consenso sofferto dell’eroe e della sua comprensiva e stoica mogliettina.
In quel caso, parlare di retrocontinuity non credo sia propriamente corretto. Oltre al fatto che i nuovi eventi del passato non vengono inseriti bensì cancellati, si ha –a mio parere- un maggiore effetto di offesa all’intelligenza ed alla fedeltà dei fan, i quali sono loro malgrado costretti a non tener conto di (quasi a “dimenticare”) interi cicli di storie del loro personaggio. E se la doccia bollente di Bobby costò solo la filologia di un anno di eventi seguiti gratuitamente da casa all'allora scandaloso DALLAS (la famigerata dream-season), stratagemmi simili applicati al mondo del fumetto possono mortificare mesi e mesi di puntuali –e talvolta costosi- acquisti in soldoni sonanti e fruscianti.

Per non parlare, poi, degli echi orwelliani di questo tipo di pratica revisionista…

E poi, come sempre in qualche modo accade, in tutto questo si inserisce il discorso Lost.
Che, come sempre in qualche modo accade, fa discorso a sé
(e a “se”).



domenica 1 marzo 2009

Nuda non è affatto male


Cosa ne pensate delle cover? Se un cantante o un gruppo vive rifacendo canzoni già famose, come hanno fatto Bublè o i Neri per caso, come lo giudicate?
Io non ho una posizione precisa in merito. A volte, persino quando a produrre la nuova versione di una canzone è lo stesso autore di quella originale, rimango deluso del risultato; altre volte, la cover in questione assume una dignità uguale a -o maggiore de- l'originale. Tutto dipende da come viene concepita.
Ci sono poi delle rare volte in cui le cover non sono solo semplici od originali reinterpretazioni, ma diventano canzoni completamente diverse, con un'altra anima e con differenti obiettivi.
E' il caso della mia recente, reiterata e piacevole ultima ossessione musicale: il cd MUSICA NUDA 55/21, dei bravissimi Petra Magoni e Ferruccio Spinetti.
Il duo jazz, autore del progetto musicale "Musica nuda", apre questo nuovo disco con un bellissimo brano di Pacifico (cantautore che adoro) e regala, oltre a delle singolari, delicate o virtuosissime versioni di canzoni più e meno note, anche dei pezzi inediti di notevole intensità e poeticità.
Qualcuno potrebbe storcere il naso ascoltando una versione così accelerata e nervosa di "Bocca di rosa", o pensare che superare Battiato stesso ne "La canzone dei vecchi amanti" rimanga una pia illusione. Ma c'è sempre un qualcosa di ipnotico nell'ascolto complessivo di un disco di Musica nuda: un misto di stupore per la bravura dei due artisti nonchè per la familiare diversità con cui la chiave jazz impreziosisce i classici già noti ed amati.
E se lo dice uno che il jazz non lo ascolta neanche più di tanto, vorrà pur dire qualcosa...