sabato 28 novembre 2009

V - trend

Negli ultimi tempi, l'idea di rendere mitologia un prodotto mediatico con una nervosa V rosso sangue pare stia diventando il frutto di un'improbabile cooperativa transnazionale piuttosto che figlia di un'unica ed esclusiva paternità geniale.


Ignorando altri esempi simili e più o meno distanti nel tempo, mi balenano subito alla mente:

- l'anarchico logo di V for Vendetta;


- il V-day di grilliana memoria;


- il promettente remake dei
vecchi Visitors
,

dal laconico titolo
V;


-la recentissima biografia cinematografica di Valentino, dalla V decisamente più elegante ma non meno passionale.



E' questa la prima riflessione che mi è venuta in mente quando ho guardato il pilot della nuovissima serie V-visitors, che dopo il teaser ha una sigla decisamente lostiana: una sanguinante V irregolare su fondo nero, con accompagnamento musicale altrettanto estraniante.
Della serie, come spesso mi diverto a fare in questa sede, cercherò di non parlare nel dettaglio. Posso solo dire che il mio istinto mi ha portato a dare la priorità a questa visione piuttosto che al ben più strombazzato e quasi contemporaneo Flash Forward (che comunque è il prossimo della lista). Ed io mi fido ciecamente del mio istinto.
Anche se lui non sempre ricambia.



domenica 22 novembre 2009

Il Festival del non-sense


Va bene, lo ammetto: sono un pò più cinico. E mi rendo conto che qualunque cosa si possa dire in queste circostanze raramente potrebbe essere davvero di aiuto.
Quello che mi stupisce è la capacità della gente di basirmi. E la mia incapacità di comprendere fino in fondo le sentenze che ricevo. Nè la loro totale buona fede.

Ecco un breve elenco delle frasi, più e meno ricorrenti, che gradirei non sentire più ma che so già che torneranno. Sotto vesti, perifrasi ed intenzioni differenti.



"DIECI ANNI insieme? Ma dai, è INCESTO!"
(questa va decisamente al primo posto. per lo meno per la sua onestà)

"MEGLIO così. CREDIMI."
(certo, perchè mai non dovrei?)

"Vedrai, ti farà bene RIMETTERTI IN GIOCO."
(perchè finora ho fatto sempre il panchinaro guastafeste, immagino. nessuno pensa che potessi già aver vinto...)

"Fra qualche mese RIDERAI di questi giorni."
(perchè aspettare? sento uno sbellicamento incipiente già da ora)

"Si vede che ERA DESTINO".
(già: quando ci si mette, Victor von Doom sa essere davvero un turpe marrano)

"Vuol dire che siete SEMPRE STATI SOLO AMICI".
(grazie. mi hai risparmiato anni ed anni di terapia. o di baci perugina post selezione mocciana)

"Qualcosa AVRAI FATTO, no?"
(è in momenti come questi che ti rendi conto che gli amici esistono. ma l'interlocutore attuale forse non lo è...)

"Ricordati che, per qualunque cosa, io CI SARO' SEMPRE."
(questa è la peggiore. l'ho sentita troppe volte, e non ha mai fatto meno male. mai promettere cose che non si sa di poter mantenere)


E, dulcis in fundo (anche se non è una semplice frase):

"Ma daaai! PURE TU?? Anche mia sorella/cugina/migliore amica/conoscente/ si è lasciata col ragazzo dopo un sacco di anni insieme e due/tre di convivenza."
"Ah Si? E poi?"
"Si è SPOSATA dopo UN ANNO con uno che aveva conosciuto da TRE MESI. E adesso aspetta già il secondo BAMBINO."
"Uhm... Ca- caspita. Beh, che, che dire... Buon per lei.
Ma... LUI?"
"Boh. E chi lo sente più?"
"......"

domenica 15 novembre 2009

"Dove vi sono le cose selvagge"


Più o meno la traduzione letterale suonerebbe così. E in un certo modo, il titolo italiano rende bene il senso del film.
Tuttavia, considerando la componente più psicologica della storia, e potendo interpretare quell'aggettivo nell'accezione di primordialità e quel sostantivo come riferito ad entità e stati d'animo piuttosto che alla semplice e generica fisicità oggettuale, la forza della sua versione originale (Where the Wild Things Are) è indubbiamente maggiore.
Della storia non dirò nulla. Solo che era più o meno ciò che mi aspettavo. E, per inciso, mi aspettavo qualcosa che mi avrebbe emotivamente scosso. Niente di scabroso o disturbante, solo non un semplice film di fantasie infantili.

Forse avrebbe giovato alternare la realtà vera a quella fantastica almeno una volta durante la narrazione, fra la primissima e l'ultimissima parte. Mentre, così com'è, anche seguirne il lato più "psicanalitico" risulta invece abbastanza alienante.
Comunque un film molto bello, l'ultimo di Jonze. Incredibile che il romanzo che l'ha ispirato sia solo un breve libro illustrato per bambini, e non un romanzo vero e proprio.
Una nota particolare, oltre che alle musiche, va al protagonista maschile: finalmente un bambino che fa il bambino e non tenta di fare l'adulto o di recitare come tale. L'anti Macaulay Culkin, se vogliamo. Anche se l'esempio negativo snervante ed un pò più attuale che mi verrebbe spontaneo fare, sebbene attingendo dall'altro sesso, è in realtà Dakota Fanning.
Dio, se penso che intanto è cresciuta, non so se essere contento o no...



domenica 8 novembre 2009

Giornata del Lavoro. Dicono.


Arrivo lì che ci saranno già quattrocento persone accalcate di fronte ai cancelli.
Poco alla volta, senza ombra di serpentine per strutturare in un qualche tipo di fila il fiume umano desideroso di entrare, la gente viene fatta passare in piccoli gruppi per una minuscola porticina sorvegliata da svogliatissime montagne umane. Si estende un giardino, che bisognerà attraversare per arrivare alla meta. All'ingresso, dopo aver controllato i nomi degli iscritti all'evento, ci regalano una borsa di tela ed una tovaglietta di plastica per la colazione (che qualcuno, inizialmente ed in buona fede, scambia per un mousepad troppo grande). Dopodichè, inaspettatamente, tutta la gente che era stata ore (almeno due) in coda per entrare, si ritrova magicamente di nuovo in fila, questa volta per entrare nell'edificio vero e proprio. E l'attesa, ora, è più compressa, assolata e lunga che mai.
Si scambiano due chiacchiere con gli sventurati colleghi di sudore, in bilico in coda sugli scalini, per capire se il clima di sconforto è generale. In realtà, è una curiosità retorica. Appena sento identificare il nostro status con la parola "disoccupati", mi affretto a suggerire - per adeguare il nostro atteggiamento alla ottimismo produttivo dell'attuale governo - la più politicamente corretta espressione "diversamente occupati", riscuotendo capitalistiche risate di ringraziamento motivazionale e qualche comunista perplessità morale.

All'interno del palazzo, in due padiglioni troviamo improvvisati stand di aziende ed agenzie più e meno conosciute. Inizialmente prendo la mira e comincio a lanciare i miei CV a guisa di stellette ninja, ma alla prima carotide recisa mi rendo conto che devo adottare una tecnica più socialmente accettabile e mi metto - tanto per cambiare - in fila qua e là, dove la densità umana è minore. Alla prima domanda tormentone che rivolgo agli standisti, "Che profili state cercando?", la risposta è quasi sempre scoraggiante. Mentre alla seconda, "Siete interessati a laureati in comunicazione, scienze politiche e lingue con esperienze nel marketing?", le reazioni variano un pò: taluni manifestano un impercettibile guizzo alla parola marketing - o economia, quando accenno alla tesi -, ma poi ricordano tutto il resto e scuotono dolcemente il capo; talaltri dicono direttamente NO, impassibili e già con lo sguardo diretto allo sventurato successivo; gli ultimi scoppiano a ridere e mi guardano increduli, come se fossi una carrozza di zucca al Motor Show, e ci manca poco che mi chiedano di poter fare una foto con me.

La maggior parte dei presenti ammette candidamente di essere lì soprattutto per i gadget, per i quali inizia una vera e propria caccia al tesoro mista a lotta per il possesso. In tutta la giornata, dopo una zuffa nuvolosa da fumetto, riemergo pieno di lividi con in mano un parasole laterale per l'auto. E lì mi rendo conto di quanto io abbia voglia di Kebab e che sono già le 4. Lancio così la mia ultima stelletta ninja gigante, ed il parasole torna dove era stato prelevato. Stavolta senza ferire nessuno.

Fra le sparute persone che mi hanno concesso la pallida imitazione di un colloquio, le sole che hanno lasciato intendere che avrebbero potuto chiamarmi sono i tipi di un'agenzia viaggi, i quali hanno minacciato di mandarmi in qualche luogo esotico a spalare letame e ad animare la popolazione locale. Spero non col defibrillatore.

Un giudizio complessivo?
Di sicuro positivo. Ho imparato tante cose. Ad esempio, che la prossima volta che ci sarà una giornata del lavoro, cerco almeno di fiondarmi prima sugli sciampi o sulle penne.
E che al massimo, se ne ho già in abbondanza a casa, mi mando avanti col lavoro e vado direttamente a spalare letame.


PS: In realtà il nome tecnico della "stelletta ninja" è shuriken, ma ho creduto che la prima espressione sarebbe stata più immediata mentre usare direttamente la seconda poteva essere una scelta spocchiosa ed imbarazzante. Così ho pensato che sarebbe stato ancora più spocchioso ed imbarazzante mettere questa informazione in nota.
E' la saggezza degli anni.
(no, non era una domanda).



martedì 3 novembre 2009

"Il mio nuovo futuro"


Il mio nuovo futuro non sarà buio totale,
ma una fredda e ronzante luce al neon.
Non è silenzio assoluto
ma lo stesso ossessivo e frusciante giro
di un vinile incantato.
Il mio nuovo futuro non sarà solitudine piena,
ma costante e incolmabile
mancanza.
Non senza risate,
ma con una partita di pianti mai ordinata,
pagata salata.

Il mio nuovo futuro non sarà forse privo di
scoperte, gioie,
amici, incontri.
Ma non ritroverà mai
- per quanto impossibile sarebbe scoraggiarne le ricerche -
il privilegio più importante
scivolato al passato:
la semplice,
irripetibile,
vera
(quasi ingiusta)
FeLicità.



Roma, Novembre 2009

domenica 1 novembre 2009

La colazione dei campioni


Devo dire la verità: non me lo aspettavo proprio.
Quando, tempo fa, lessi il post di Paola Barbato che consigliava l'acquisto a scatola chiusa del primo romanzo della collega e amica Micol Arianna Beltramini, mi sono fidato subito. Siccome però della trama non sapevo nulla (nè avevo letto alcunchè della Beltramini in precedenza), ero in effetti un pò scettico. Allo stesso modo non ho voluto indagare sull'autrice, leggere recensioni nè cercare di scoprire di cosa parlasse il suo CORNFLAKE. O per lo meno, non al di là delle poche informazioni captate nel famoso post della Barbato. Mi sono detto: insomma! o si fa l'acquisto davvero a scatola chiusa e si scommette un pò con sè stessi, o non lo si fa proprio in quel modo. Non ha senso "sbirciare", sollevando una linguetta del cartone per intravedere il colore o captare l'odore - ancora incellofanato - di ciò che contiene. Giusto per mantenere la metafora.
Cosa posso dire ora che l'ho terminato?
Che si è rivelata una lettura fresca, intelligente, tenera e cinica nello stesso tempo ma soprattutto nostalgica. Il suo parallelismo dichiarato con Pinocchio e con - a tratti - Il piccolo principe potrebbe (vorrebbe) inizialmente ingannare sulla reale adultità della storia raccontata. Ma ben presto si affacciano situazioni e temi che, se da una parte non appesantiscono MAI la narrazione, dall'altro di certo toccano corde emotive difficili da ignorare. Che poi, è esattamente quello che fanno anche le fiabe più riuscite.
Anche le citazioni di Collodi che aprono i singoli capitoli del libro vengono in qualche modo smentite e capovolte durante la lettura, spiazzando le nostre aspettative sui nuovi personaggi e sugli intrecci che si vanno delineando e allontanandole dalla linea guida della rassicurante e nota fonte originaria.
Il tema più "spinoso" che può emergere da questa storia, così piacevolmente anarchica, è quello dell'amore senza confini in senso assoluto. Un amore puro, che non può essere spiegato secondo canoni di opportunità sociale, di appartenenza familiare o di ricerca sentimentale, ma che esiste. E solo per questo merita dignità e non goffe giustificazioni.
E poi, sebbene i caratteri delle due protagoniste siano molto differenti, è impossibile che non si instauri fin dalle prime pagine una forte associazione visiva fra la piccola Cornflake e la minuscola Memole. I disegni (della stessa Beltramini) che illustrano la storia ritraggono solo Cornflake in diversi momenti, ed i suoi tratti riprendono a piè pari quelli del folletto più famoso del nostro immaginario pop-nipponico.
E la mente corre subito a quel cartone, dai disegni così particolari, dove veniva raccontato un'altro amore puro: un'amicizia salvifica, che ai nostri occhi di bambini sembrava quasi un delitto dover tenere nascosta.

Non posso fare altro che consigliare questa lettura. Non riesco ad immaginare un profilo di lettore che non apprezzerebbe.
Non in questo caso, davvero.