sabato 23 aprile 2011

I tripled myself!


In Fumo di China n. 191 in edicola in questi giorni (con il graphic novel di Don Camillo in copertina), oltre alle solite recensioni di fumetti recenti, un mio parere sul film Kick Ass rispetto al fumetto ed un articolo centrale a due pagine sul fenomeno Sailor Moon in occasione dei 20 anni dalla nascita del personaggio.
Come direbbe il buon (?) Nathan di Misfits, ho fatto la tripletta.

Anche se immagino non intenderebbe proprio la stessa cosa...

mercoledì 13 aprile 2011

Dove sta lo scotch?


Mi piace pensare, in un raro momento di ingiustificabile egocentrismo, che un cantautore romano bravo e suggestivo sia capitato per caso su questo blog, un annetto fa, ed abbia letto un mio post. Uno in particolare. E che nella sua testa abbia cominciato a ronzare un'idea. Ovviamente rielaborata dalla sua inconfondibile ironia e trasfigurata in qualcosa di nuovo.
Ma, in fondo, non credo.
Dubito che sia andata così, intendo.

Semplicemente, l'estate scorsa io ho scritto questo post, probabilmente il mio preferito. E poi, magari mesi dopo, comunque indipendentemente da questo evento, Daniele Silvestri ha scritto la canzone che ha dato nome al suo nuovo album.
Questa.


Che storia, però. Il trasloco.
Io mi ero concentrato sugli scatoloni, sui rituali. Lui sullo scotch da imballaggio, sugli imbarazzi.
Io ipotizzavo di bruciare cartoni. Lui di piantare alberi.
Same story.

Però niente Servillo, per me.
Eh beh.

giovedì 7 aprile 2011

Nessuno legge il quotidiano


O quasi.
Come se decifrare la reiterata ritualità della propria vita sia prerogativa di qualche entità superiore, affare celeste precluso alla cognizione umana, divertimento di poche divinità beffarde. Ma non è così. Almeno, non dovrebbe.

Ci sono infinite infinità di quotidiani. E il solo precisare la natura specifica ed unica di ciascuno di essi è un'ostentazione ovvia. Quasi un'offensiva ridondanza tautologica.

La quotidianità che ti stupisce. Quella che ti rassegna. Quella attesa e sperata. Quella piombata e (man)tenuta. Quella che ti accarezza e rassicura. Quella che ti ancora e ti soffoca.
Quella osservata stancamente in presenza.
Quella vissuta con passione (e sospiri) a distanza.

Ma no. Tutto ciò che rimane nei pigri discorsi da bar è solo una lunga e codificata sfilza di lamentele sulla generica routine. Un carosello di luoghi comuni ed amari sull'insopportabilità del proprio lavoro (o non-lavoro). Una satira ormai involontaria sulla ingenuità schematica della vita di coppia. Un repertorio imbarazzante sulla solita sindrome di Peter Pan, sull'importanza delle partite di calcetto o dei sacrosanti spazi di genere. Battute ricorrenti sul rispetto della diversità, sullo scarto generazionale e sull'esterofilia dogmatica.
Qualunque banalità, qualunque preconfezionata sovrastruttura per non dover riaprire le carte e leggere, sottolineare, evidenziare e studiare ex novo tutto. Ciascuno per conto proprio.

E' vero. Nessuno legge più il quotidiano. O quasi.
C'è già una quotidiana infinità di link.

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