mercoledì 23 febbraio 2011

La parola giusta


Ho sempre ravvisato un imperdonabile vizio logico nella definizione di "cinema di intrattenimento". Il cinema, in quanto mezzo di espressione e di arte, è già di per sè intrattenimento. La qualità e la tipologia di questo, semmai, dipendono poi dalla fattura del film, dal discorso autoriale portato avanti da regista e sceneggiatore nonchè da innumerevoli altri fattori, interni ed esterni all'opera.
Detto questo, il vero cinefilo dovrebbe sempre variare. L'amore per un mezzo espressivo non può funzionare per compartimenti stagni. Se è lo strumento cinema a piacere ed affascinare, allora nessun suo prodotto finale potrebbe meritarsi un pregiudizio. Tutto andrebbe prima conosciuto, visto, studiato e poi - eventualmente - giudicato. Ma l'amore, si sa, è tutto fuorchè razionale. E i pregiudizi, in quanto condanna e salvezza del nostro tempo, sono sempre lì a guidarci, scremando la rosa di scelte e facendoci accumulare un'infinità di esperienze simili tra loro.

Detto questo, ieri mi sono concesso una visione spensierata. Cosa che faccio spesso e volentieri. Ho deciso di sfruttare la mia Card Cinema 3 per andare a vedere Femmine contro Maschi. Avevo già visto Immaturi, un mese fa, e non mi era dispiaciuto. Ho pensato così che mi servisse qualcosa di "leggero" per farmi qualche sana risata, ed ho scelto un film italiano che mi sembrava simile e il cui trailer prometteva bene (i miei amati Ficarra e Picone, il mio amato Emilio Solfrizzi, la brava Littizzetto, il bravo Bisio, eccetera).
Il film è carino. Ho riso in più di un'occasione. Sarei dovuto uscire dal cinema contento. O per lo meno soddisfatto dallo spettacolo, per di più gratuito. Ma qualcosa, a quanto pare, è rabbiosamente scattato. Uno stato d'animo che non sono sicuro di riuscire a descrivere.

Credo che la parola giusta sia sconfortato.

Sconfortato dalla solita solfa degli ultratrentenni bamboccioni che non vorrebbero mai impegnarsi seriamente in amore o nel lavoro. Sconfortato dall'onnipresenza di gnocca e tette varie (meglio se rifatte e in primo piano) in qualunque scena da gioco degli equivoci, che dovrebbe ipocritamente creare un effetto comico sul tradimento quando in realtà non fa altro che vendere un'immagine perennemente strumentale della donna. Sconfortato dal vedere di continuo difesa l'ossessione per il calcio, elemento bonario di distrazione sessuale e - insieme - di feticismo tutto maschile, alla fine reso sempre innocuo o tollerato come deviazione inevitabile di genere. Sconfortato dalla presenza delle stesse, inossidate facce, eternate già da vive in maschere inevitabili, atte all'esportazione del divertimento televisivo sul telo sconfinato della sala. Sconfortato dalle favolette scialbe dei rimatrimoni, dai dialoghi e dalle mode prevedibili di ragazzini romanzati, da tutte le rappresentazioni offensive snocciolate da questo neorealismo contraffatto da discount. Sconfortato dalla retorica esaltazione della romanità, alta o bassa che sia, solo per puro caso assente in questo film ma fin troppo ricorrente in produzioni cinematografiche e televisive affini. Sconfortato dal fatto che, per obiettività critica, io non abbia mai dei veri motivi per scagliarmi contro tale o talaltra commedia leggera, che riassuma in sè con varie intensità i punti sopra descritti.
E, soprattutto, sconfortato dall'idea che le mie risate sparse e la mia volontà di cercare e ritrovare un porto franco in queste visioni alla fine giustifichino tutto ciò, cancellando qualunque rigurgito analitico e dando alla mia coscienza delle grossolane pacche sulla spalla.

Basta così, allora. Linea piatta anche per me. Come la morte eccellente che si verifica in Femmine contro maschi. Qualunque cosa voglia dire questo delirante sfogo.
E già che ci siamo, sono sconfortato anche da quel maledetto biiiiiiiiiiiiiip che accompagna immancabilmente qualunque morte da ospedale sullo schermo. Nella vita vera, quando qualcuno muore in ospedale lo fa molto lentamente. E non c'è nessun cazzo di biiiiiiiiiiiiip.
Altro che lettere d'amore e figurine di Schillaci.

venerdì 18 febbraio 2011

Magari non lo direste,

ma uno dei film che attendo con maggiore entusiasmo per il 2011 è

questo.

lunedì 14 febbraio 2011

ACME giovanile


Quanti di noi, da bambini, rimanevano affascinati e divertiti dalla versatilità produttiva del Laboratorio ACME, il cui onnipresente marchio campeggiava su quasi tutti i marchingegni utilizzati da Wile E Coyote e altri personaggi della Warner Bros?
In molti ci chiedevamo se quello fosse il cognome dell'immaginario magnate industriale o se fosse solo qualche citazione o gioco di parole a noi ignoto. O entrambe le cose, perchè no.
Ebbene, anni dopo ho scoperto che ACME era semplicemente l'acronimo della dicitura "A Company Making Everything". Un payoff più che azzeccato, per una ditta del genere.

Il tuffo nostalgico da Looney Tunes mi è stato indotto dalla scoperta di uno speciale librone in vendita da pochi giorni in librerie e fumetterie. Il catalogo ACME, edito da Panini Comics.
Uno di quegli acquisti cartacei capace di riempirti di entusiasmo infantile e adulto senso di colpa nelle stesse quantità.
Beh, che dire allora: magari fatevelo regalare.
Io per ora lo osservo da lontano, con diverita circospezione.
Chissà che, sfogliandolo, non trovi qualche simpatico articolo da regalare ad amici e parenti sgraditi...

giovedì 10 febbraio 2011

Orfani di Adamo...


...tornate a sorridere.
O forse no.
La versione italiana di CAPRICA è finalmente approdata sul satellite.
Il canale è Steel/Sci Fi, ma ovviamente è sempre disponibile in streaming.
Probabilmente i fan più accaniti già avranno seguito la prima stagione in originale. Prima e unica, in realtà, dato che gli ascolti non hanno permesso alla serie il rinnovo per l'anno successivo.
Ad ogni modo, è sempre una scia - seppur debole - di quelle atmosfere da fantascienza metafisica cui il prezioso Battlestar Galactica ci aveva abituato (benissimo). Certo, a parte quel finale misticheggiante e angelico che ne aveva un pò sporcato il ricordo...

Beh, allora buona visione.
Così diciamo tutti.

sabato 5 febbraio 2011

Sono solo voci


Quattro brusii, per la precisione.
Di cui tre, inaspettatamente, con regolare contratto di prestazione.
Un inizio.
Anche se mai come in questo caso, quell' "essere a metà dell'opera" appare più lontano dalla realtà. Checchè ne dica qualsivoglia rodato proverbio.
Ma sono punti di vista.
Vedremo.
Chi vivrà, ascolterà.

See You,
Space Cowboys (and Cowgirls).