venerdì 31 ottobre 2008

Solo tre desideri. Ma le domande sono sei:


E' riscontrabile del Genio in un gruppo che decide di chiamarsi Il Genio e di chiamare il proprio album Il Genio?
Bastano una vocetta sussurrata da gattina leziosa d'oltralpe ed una che ricorda Moby imitando Serge Gainsbourg a restituire le Geniali suggestioni musicali francesi degli Air, dei loro padri e dei loro nonni?
Servono testi ai limiti dell'idiozia (perchè definirli "di una semplicità imbarazzante" potrebbe non precludere una vena di Genialità) e casuali citazioni cinematografiche pop per scomodare il Genio shumpeteriano?
Riescono occasionali incursioni progressive e richiami alla tradizione classica -italiana e non- a dare sfoggio di una Geniale reinvenzione o riattualizzazione del panorama musicale nostrano?
Ma soprattutto: possono un video ed una canzone come quelli di Pop Porno avere traccia, nel loro minimalismo provocatorio, di intuizioni Geniali?

Non ho risposte a tutte queste domande. Ma io l'album de Il Genio lo ascolto e lo riascolto, in questi giorni. Ed il video sopra citato mi si è insinuato nel cranio come un microchip alieno.
E mi è successa la stessa cosa, mesi fa, con l'album "Sguardo contemporaneo" di BUGO.

Le opzioni sono diverse: o loro -Bugo e Il Genio- sono idioti ed io sono un idiota che ci va appresso; o loro sono dei Geni ed io sono un Genio pure, perchè non penso siano idioti; o Il Genio sono i veri Geni e Bugo no, ed io sono idiota perchè tratto entrambi come se avessero qualcosa di imperscrutabilmente Geniale; o Bugo è un Genio ed Il Genio no, per cui io...

Bien,
ci siamo capiti, no?

mercoledì 29 ottobre 2008

A (B&)Beautiful mind




Puntare i riflettori critici su una soap potrebbe far gridare allo scandalo. Eppure l’importanza di Dominick Marone, personaggio relativamente recente di The Bold and the Beautiful (opera fluviale sul cui titolo il Bel Paese ha avuto, letteralmente, l’ultima parola), ha una sua innegabile dignità quasi letteraria che merita di essere condivisa.
Perché, vi chiederete? E’ presto detto.

Per usare una metafora ludica, verrebbe da affermare che gli interventi di Nick in Beautiful siano assimilabili agli scossoni dati ad un flipper durante il gioco: dopo due o tre colpi un po’ più violenti, i pulsanti laterali si bloccano e la biglia scivola nel mezzo, irrecuperabile. Alle frasi di Nick, sia quando divertenti che quando drammaticamente serie, i personaggi/attori sbarrano gli occhi o sorridono imbarazzati, come se la loro appartenenza alla finzione fosse per un attimo strattonata e messa a rischio, sfilacciando il patto narrativo come un maglione rovinato.
Sono senza dubbio le battute ironiche, però, il vero fulcro del ruolo metanarrativo di Nick.
Memorabile, ad esempio, il suo primo incontro con Bridget, trentenne figlia della femme fatale per eccellenza Brooke Logan. Alla scoperta del loro legame familiare, le esclamò senza mezzi termini: "Figlia? Sua mamma deve averla concepita ad 8 anni!". Tuttavia, anche nelle sue riflessioni serie si avverte sempre un piano leggermente sopraelevato rispetto alla gittata di pensiero degli altri. Le analisi di azioni e situazioni che egli snocciola (talvolta con sprezzante spavalderia) appaiono troppo spesso imbarazzantemente extradiegetiche.
Ed è lì, quando lo spettatore coglie l'autoironia della soap, che avverte un baco nel sistema. E qualcosa inevitabilmente cambia.

L'impressione che ho di Nick può essere sintetizzata da una immagine forse puerile ma efficace. Fate conto che lo spettatore di un cartone animato venga assorbito improvvisamente dalla tv, entrando a far parte di quel mondo ma mantenendo sprazzi di consapevolezza personale. E che, seppur decidendo inizialmente di adeguarsi agli stilemi di tale universo per non creare disagi, col passare del tempo cominciasse a sensibilizzare i suoi nuovi conviventi alla "realtà" ,o almeno alla verosimiglianza. Proprio come il trasognato protagonista di Pleasantville. Ovviamente, però, senza il medesimo successo. A quel punto, a nulla servirà invitare la bionda monolacrimante della soap a ragionare, a farle considerare non più tanto normale che tutte le porte di casa siano sempre aperte, che i propri figli crescano a botte di dieci anni da un mese all’altro, eccetera. Quello che otterrà il nostro (anti)eroe sarà sempre l’abbraccio di una lei spaventata e piagnucolante.

Ma a qualcuno piacerà sempre pensare che, per una impercettibile frazione di secondo, in lei (o lui, perché no?) ci possa essere almeno un barlume di coscienza. Un singolo attimo in cui l'incantesimo si rompa e il rinato personaggio appena uscitone si chieda incredulo "ma... dove sono?".

Certo, almeno fino alla sequenza successiva.

Sennò che gusto c'è?


martedì 28 ottobre 2008

Per pura fatalità


Per quanto Tornatore non sia certo il mio regista preferito, posso senza dubbio affermare che ha girato uno dei film più belli della mia personale classifica. Direi addirittura del mio ristrettissimo podio (poi un giorno bisognerà pur parlare del concetto di podio, nelle classifiche di categorie aperte).
Il film in questione è UNA PURA FORMALITA'. Non saprei neanche come definirlo, come di solito accade con le cose che si ama di più. E' sicuramente più di un thriller, più di un film metafisico, più di una prova d'attori (con la a maiuscola), più di un trionfo di maniera, e più di una sceneggiatura -e scenografia- perfetta. Per la trama, rimando a questo link dal testo striminzito quanto basta.
La cosa senza dubbio più evidente di questa claustrofobica storia, umida di pioggia e sporca di fango, è il suo impianto teatrale. La struttura è fondamentalmente quella di un lungo interrogatorio fra due carismatici figuri, interpretati dai monumentali Depardieu e Polanski. E quando, per pura fatalità (come da titolo) ho scoperto che a Roma sta per andare in scena un adattamento teatrale di quel gioiello -venerdì e sabato di questa settimana- per la regia del coraggioso Alessandro Londei, mi è sembrato di cogliere davvero un improbabile e nostalgico "segno" di questa giornata romana stranamente piovosa e sospesa.
Non ho idea se questo spettacolo abbia già girato un pò o se sia stato messo in scena solo nella capitale. Ad ogni modo io andrò a vederlo, poichè ho la (s)fortuna di viverci, nella capitale.
Ma se sarà interessante anche solo la metà di quello che spero, mi auguro comunque in un futuro tour teatrale di ampio respiro.



lunedì 27 ottobre 2008

Il cinema: roba per pervertiti


Lungi dall'essere la segnalazione di qualche contributo psicologico da quattro soldi apparso in tv o su carta, in realtà il titolo di questo post sottolinea solo la bonaria curiosità per un film pubblicizzato recentemente sull'ottima rivista Internazionale. Mi riferisco al singolare The pervert's guide to cinema, del filosofo e psicanalista sloveno Slavoj Zizek: pare essere un interessante esperimento metanarrativo sul cinema, che scava nel linguaggio segreto di questo mezzo "per mostrarci ciò che i film rivelano su di noi" (virgolettato da Internazionale).
E poichè, dal trafiletto che ho letto, si tirano in ballo mostri sacri come David Lynch e Hitchcock, la mia curiosità per questa premiata pellicola (in realtà del 2006) si è fatta decisamente grande.
Non so quando avrò modo di vederlo e se sia davvero interessante come sembra ma, poichè dovrebbe essere in edicola da questa settimana, ho ritenuto poter essere di qualche utilità segnalarlo in questa sede per qualche amante del genere.
O semplicemente, per chi si fida ciecamente degli allegati di Internazionale.

venerdì 24 ottobre 2008

Gli occhi delle donne (assassine)


Dal battage pubblicitario e dai trailer che ho potuto vedere, le premesse sono molto buone.
E considerando che dietro c'è la Wilder, già produttrice del mitico BORIS, sono speranzoso.
Questo è un trailer.

Vedremo.
Se dovesse capitarvi di guardare l'episodio pilota (o nel caso l'aveste già guardato) passate di qui a dirmi com'è.
Io conto di guardarlo la prossima settimana.
Buon week-end!

giovedì 23 ottobre 2008

Disciplina, figliuoli. Di-sci-pli-na.


Norme più severe per le scuole italiane: gli alunni dovranno, e questa volta TASSAtivamente, tenere spenti i propri cellulari durante la lezione.
Sarà tuttavia permesso l'uso anche frequente di carte di credito e prepagate, bancomat e finanche di generatori di codici on-line, per gli acquisti di beni e servizi di prima necessità.
Scolastici in primis.

martedì 21 ottobre 2008

Another brick in the Wall-E


Quando vidi il trailer di Wall-E la prima volta pensai -come molti- che sarebbe stato il nuovo capolavoro della Pixar, probabilmente un film suggestivo e citazionista come i precedenti, soltanto dallo sfondo più "spaziale". Insomma: dopo aver animato insetti, pesci, giocattoli, macchine e mostri, era la volta dei robot; e anche se c'era già il godibilissomo -e rivale- ROBOTS del 2005, si sa che nei film animati (in 3D soprattutto) copiarsi le reciproche idee di ambientazione non è infrequente.
Invece, mi sono trovato di fronte qualcosa che non mi sarei aspettato. E non intendo semplicemente l'ennesimo jackpot da parte della casa di Lasseter. Intendo che adesso, nonostante siano passati dei giorni dalla visione e il mio giudizio si sia ormai raffreddato, Wall-E è decisamente in cima alla mia classifica cinematografica "generale", non solo animata.
A questo punto, rimando -come era nelle intenzioni iniziali di questo contributo- all'ultimo completissimo post di isline, che reputo perfettamente aderente alle mie impressioni e ai miei giudizi (anche quelli che precedono le riflessioni su Wall-E).
In particolare, ci tengo a sottolineare la molteplicità di chiavi di lettura del film. Nel senso che, letteralmente, ci sono temi e suggestioni che un bambino NON PUO' cogliere -almeno non normalmente- pur potendo comunque godere del semplice strato più superficiale; mentre l'adulto, alla fine, non rimane semplicemente contento e divertito come quando gli capita di vedere un buon film per ragazzi -magari con qualche ammiccamento o citazione "giusta"-, bensì ne esce estasiato, commosso e addirittura (come nel mio caso) profondamente malinconico come se avesse visto un film complesso e tuttavia fiabesco ed anacronistico.
I più piccoli potranno quindi senza dubbio cogliere i messaggi ed i sentimenti più evidenti -e d'altronde per nulla banali- come la solitudine, la timidezza, l'alienazione, la pigrizia, l'ambiente. I grandi, invece, in base anche alle singolari esperienze culturali e personali, possono rintracciarvi temi epocali di altra natura: l'eroismo inconsapevole dell'obsolescenza (per usare un termine più umano, della vecchiaia); l'amore e l'abnegazione esclusivi ed incondizionati verso una persona cara ridotta in stato vegetativo -che è poi uno dei punti più importanti della recensione di isline-; l'insanità mentale in una società ipercontrollata ed omologata; la perdita o meno dell'innocenza di fronte alla percezione della violenza fisica (vista o subita); etc. etc.
Lo so: probabilmente l'impressione di chi legge è che io tenda, come spesso accade quando si è amato molto un film, a caricarlo di significati che probabilmente non erano nemmeno lontanamente nella mente dei suoi creatori. Tuttavia, da quello che ho letto prima e dopo la visione, mi piace pensare che almeno per Wall-E non si tratti soltanto di una tendenza dettata da entusiasmo e strascico emozionale contingente, bensì del riconoscimento difuso ed analitico della genialità in casa Pixar, dalla potenza all'atto più completo.
Almeno finora.

domenica 19 ottobre 2008

BLOG: di tutto di web


Scoperta tardiva ma piacevole, legata al palinsesto della nuova rete digitale (molto promettente) RAI 4: parlo della trasmissione BLOG, una versione moderna ed internettara del più famoso e quasi omonimo BLOB di Ghezzi.
Si tratta di una selezione di filmati diffusi nel web -molti dei quali divertenti e/o satirici-, spesso sorprendenti, montati in puntate quotidiane da circa 26 minuti ciascuna.
L'inserto speciale del sabato mattina, che è poi l'unico che abbia beccato finora, si chiama DIRITTO DI SATIRA, ed è incentrato più su filmati e montaggi a sfondo politico, soprattutto internazionali.
Oltre a video ed esperimenti amatoriali dalla fattura decisamente dilettantesca, ci sono anche delle piccole chicche davvero ben fatte, alcune delle quali fanno letteralmente -per usare un tecnicismo- schiattare dalle risate.
Segnalo qui il video che mi ha fatto divertire di più, e che pare circolasse in rete già da tempo.
La genialità si vede anche nelle piccole cose...



giovedì 16 ottobre 2008

L'o(-)zio di Francia


Ora che l'ho visto, posso completare il mio giudizio su LA CLASSE, al quale avevo dedicato un post più di una settimana fa.
E' stato anche meglio di quanto mi aspettassi. Davvero un gioiellino.
Il taglio asciutto da documentario -per quanto documentario non lo sia- rende perfettamente la cognizione temporale reale delle discussioni, sia quelle che si svolgono in classe che quelle tra colleghi, e restituisce una percezione vivida delle loro escalation -talvolta imbarazzanti- o relative sfumature dialettiche.
Sono pochi i momenti in cui si riesce a ridere con gli studenti: nella maggior parte dei casi, nonostante le ovvie differenze fra i sistemi scolastici nostrano e francese, prevale la componente dell'imbarazzo o del fastidio, che porta ad empatizzare soprattutto col professore e lascia sbigottiti di fronte ai bassissimi livelli di attenzione, educazione e padronanza linguistica dei ragazzi (ancora alle prese con "orrori" di grammatica ed ortografia).
Il fatto che non si cerchi di nascondere certe dinamiche (le gaffe dei professori, la frequente perdita della pazienza, l'antipatia condivisa verso certi studenti più o meno molesti, etc.) rende il tutto ancora più attuale.
E lo sfondo della scuola di periferia non estremizza più di tanto il quadro. Semmai il contrario.
Forse il giudizio sugli alunni contemporanei ad opera dei "grandi" è destinato ad essere sempre negativo, per fattori generazionali e sociali, fino alla fine dei tempi. Anche per questo motivo mi sento di dire che LA CLASSE, soprattutto quando sarà ben sedimentato, rimarrà un film estremamente moderno ed internazionale.
Certo, sempre che in futuro continuino ad esistere le scuole.
In quel caso sì che questo film potrebbe trasformarsi in un documentario.

mercoledì 15 ottobre 2008

Lo sciopero non è mai finito


O perlomeno, a giudicare dai primi episodi della terza stagione di HEROES, mi viene da pensare che gli sceneggiatori stiano scrivendo i nuovi episodi con la stanchezza ed il provocatorio impegno mediocre tipici di chi è tornato a lavorare controvoglia.
Rimasto un pò deluso dalla seconda stagione, un pò lenta e con poco mordente, avevo attribuito questa fiacchezza al clima teso -che in realtà si è teso dopo- nel quale erano stati concepiti quegli episodi. L'inizio di questa terza, per quanto più dinamico ed affollato, mi sta però preoccupando ancora di più: quasi nessun personaggio è rimasto coerente con se stesso; la trama sta ripercorrendo pari pari lo schema della prima stagione; le cose succedono senza un motivo preciso (e non vuole essere una massima di Confucio), in modo frettoloso e decisamente poco credibile; i sospesi della seconda stagione sembrano per ora congelati, ecc.ecc.
Io non nego che buona parte del successo di questa serie sia dovuto alla sua natura "fumettosa" (nonchè al nome di Jeph Loeb), ma ritengo che questi nuovi episodi stiano restituendo quell'accezione più negativa e stereotipata che l'aggettivo spesso veicola. Insomma: certe serie a fumetti durano da 40 anni o più, e se ad un certo punto propongono schemi o stravolgimenti ridicoli si può anche cercare di comprenderne il perchè; ma se questo succede dopo poco più di una trentina di ore di avventure, non è certo un buon segno...
L'unico che non si smentisce mai è Hiro Nakamura, l'"eroe" nerd. Peccato che una cosa su due fra quelle che fa sia la causa di tutti i mali (insomma, per quanto lo adori, devo ammettere che è un cretino).
Però l'ultimo episodio che ho visto mi ha regalato una chicca. Una bella frase, pronunciata in un contesto di viaggi nel tempo, che sintetizza perfettamente i pericoli ed i contrappassi di questa affascinante attività:
"Ho calpestato troppe farfalle".

domenica 12 ottobre 2008

Situazione singola(=)re


Oggi ho letto un preoccupante articolo di Repubblica sugli altissimi affitti italiani delle stanze agli studenti fuori sede. Il tema, a me molto caro (in tutti i sensi), mi vede particolarmente preparato sulla situazione romana, perugina e modenese in modo diretto, e su quella barese, milanese e bolognese in modo indiretto. Si tratta di un argomento sul quale ho discusso, penato, addirittura litigato: la situazione è senza dubbio indecente ed incontrollata. Ci sono, come ovvio, dei meccanismi prevedibili ed ineludibili legati alla domanda ed all'offerta, ma anche degenerazioni e speculazioni inaccettabili. Decine e decine sono gli aneddoti raccontabili su singolari padroni di casa e assurde logiche di pagamento dell'affitto, e anche di più quelli legati alle discrepanze fra i pittoreschi annunci di affitto e le condizioni reali degli appartamenti corrispondenti (nonchè sul razzismo imperante nei confronti dei maschi in generale, e di alcune regioni in particolare).
Tuttavia, quando ho letto l'articolo, mi si è un pò storto il naso. Solo per Roma, posso ad esempio dire che è abbastanza difficile che si superino -ad oggi- richieste di 450 euro per una singola, anche in zone universitarie o centrali. Riguardo Milano, mi hanno parlato di affitti medi di 100 o 150 euro maggiori, ma di quote di 900 euro decisamente no. Poi, per carità, i pazzi che chiedono cifre evidentemente fuori mercato ci sono, e qualche altro pazzo che è disposto a spenderle pure... Ma le medie che io ho visto e vissuto nella capitale (e non) e quelle raccontatemi da amici e colleghi di altre città tipicamente universitarie, per quanto inaccettabili e ingiustificatamente superiori ai livelli di altre città universitarie europee, sono comunque abbastanza inferiori a quelli letti nell'articolo. E parlo comunque di dati raccolti in tempi quasi contemporanei (quindi aggiornati).
Ora: è importante evidenziare la persistenza di un problema come quello degli affitti agli studenti fuori sede, ma presentare cifre fuori media solo per creare scandalo può suscitare il solito problema della perdita di credibilità agli occhi di quella parte dell'opinione pubblica più attenta, o semplicemente più addentro alla realtà trattata dall'articolo.
E mi dispiace dire una cosa simile proprio parlando di Repubblica.
Ma bisogna essere critici. E quando necessario, anche -e soprattutto- autocritici.

giovedì 9 ottobre 2008

Recensione "a braccio"


Ed è forse arrivato il momento di parlare di BdC. Perchè il fumetto sa essere anche questo.
Su testi (per lo più) di Alex Crippa e disegni di Emanuele Tenderini, prende vita la sfortunata epopea di questo singolarissimo personaggio. E sfortunata non si riferisce alla popolarità delle strisce a lui dedicate -che è invece in continuo aumento-, bensì alla natura del protagonista: BdC rappresenta, nell'estremizzazione più psicotica possibile del capro espiatorio alla Benjamin Malaussène, il destinatario di tutta la cattiveria gratuita e catartica concepibile da mente umana. Non di rado, la lettura di una sua (dis)avventura porta a sbarrare gli occhi o a pensare, un pò divertiti e un pò colpevoli: "Ma perchè?". Ed è questa la domanda chiave che attanaglia il bistrattatissimo protagonista, il quale subisce periodicamente soprusi, insulti, maltrattamenti in modo del tutto inaspettato ed inspiegabile, secondo una logica della violenza e dell'assurdità umane mutuata direttamente dalle scuole di Michael Haneke e dei fratelli Coen (giusto per allargare gli orizzonti alla tradizione cinematografica).
Laddove Cronenberg incontra Ortolani e gli Happy tree friends; laddove la puerile innocenza da antieroe romantico del tondo Charlie Brown si relaziona con l'estro creativo ed incompreso di Saw (l'enigmista); o -e qui mi fermo- laddove Pollyanna incontra Vincent Cassel in un sottopassaggio, beh, lì troverete lo spirito che anima questo fumetto.
Qui mi limito a postare solo una tavola, peraltro opportunamente selezionata (sperando che gli autori non me ne vogliano). E' una delle più edulcorate, e probabilmente una delle poche che può essere postabile in questa sede. Tuttavia ci sono diverse altre tavole e strisce -smaccatamente citazionistiche ma non solo- che, sebbene superino abbondantemente (e volutamente) il cattivo gusto, sono davvero portatrici di una potenza visiva e testuale primordiale.
La "seconda stagione", da poco iniziata, lascia presagire un viaggio onirico e carnevalesco pieno di sorprese e spunti interessanti. Vedremo come procederà.
Le avventure settimanali di BdC vengono pubblicate, ogni lunedì, sui blog dei due creatori Alex Crippa ed Emanuele Tenderini. In quest'ultimo, vi sono anche le storie delle quali Tenderini è pure autore dei testi, nonchè occasionali contributi ed interpretazioni del personaggio da parte dei fan.
Non è decisamente una lettura per tutti: lo dico subito a scanso di fraintendimenti. D'altronde, è proprio per questo che auguro a BdC di trovare una sua collocazione editoriale appropriata quanto prima, e di raggiungere anche quel pubblico cui le vie del web sono per lo più precluse.

Concludo questa mia breve e seriosa recesione con un avvertimento, che più che avvertimento è un motto:
se doveste leggerlo e trovarlo fantastico, ricordate che non è merito vostro.
E chi vorrà indagare il perchè, lo scoprirà (assieme al riferimento reale del comodo acronimo BdC).

mercoledì 8 ottobre 2008

La classe non è acqua


Fra i vari film usciti e in uscita al cinema in questo periodo, ho molta curiosità di vedere il vincitore della palma d'oro a Cannes 2008, LA CLASSE (qui il trailer italiano). E' un piccolo film su un professore di un liceo della periferia di Parigi e i suoi rapporti con studenti di 13, 14 e 15 anni circa, alcuni dei quali particolarmente difficili. Non si tratta -almeno da quello che ho letto- del classico film sul riscatto dei perdenti grazie al traino di un insegnante/mentore stimolante, ma di un film minimalista -dal taglio realistico- sulle dinamiche scolastiche contemporanee dei ragazzi di nuova generazione, proverbialmente più svogliati ed irriverenti, a causa di fattori socioculturali e mediatici complessi (dove probabilmente la strada e -paradossalmente- il web assumono un ruolo determinante). Accattivanti le riflessioni di Lorenzo Maiello di XL, il quale suggerisce che l'impressione è "che quel bullismo sia niente rispetto a ciò che da noi va su Youtube, e soprattutto che passione, probabilmente stipendi e sicuramente ruolo sociale dei loro insegnanti, siano ormai marziani rispetto al nostro sfascio".
Al di là di valutazioni di merito (o demerito) della pellicola, c'è da rilevare che i francesi hanno particolarmente a cuore il tema del rapporto insegnante-alunni: mi viene in mente il bellissimo ESSERE E AVERE, del 2002, che si concentrava però su una fascia più giovane (bambini delle elementari) ed era decisamente documentaristico. Sui film generazionali, invece, sebbene non propriamente scolastici, il pensiero corre automaticamente a L'ODIO di Kassovitz e a L'ETA' INQUIETA di Dumont.
Anche da noi, per carità, ci sono stati ottimi film sulla scuola. Primo fra tutti proprio LA SCUOLA, di Luchetti, che sebbene con il solito tono da commedia amara tipicamente italiana è forse uno degli esempi più brillanti della categoria.
Per il resto, su quasi tutti i fronti generazionali, rifuggire dal moccismo dilagante in favore di qualcosa di meno modaiolo e più "utile" è decisamente un pensiero da incidere su un lucchetto ed incatenare su un ponte. Ovvero: un proposito romantico ma del tutto vano.

lunedì 6 ottobre 2008

Una giornata gala(c)tica


Come anticipato due post fa, sabato 4 Ottobre sono stato al Romics. Non mi dilungherò in un diario dettagliato di tutto quello che c'era (o che ho visto) durante la giornata. Mi limiterò a riportare i tre episodi che mi hanno dato più soddisfazione, sia come fan che come "consumatore":

1) Alla presentazione del nuovo saggio della Tunuè sul fumetto italiano, nell'imbarazzante silenzio della dozzina di gatti in sala al momento in cui il moderatore ha dato via libera alle domande, ho preso coraggiosamente la parola -non lo faccio mai!- quasi per solidarietà all'editore (lì presente) chiedendogli se nel libro in questione ci sarebbe stata anche un'analisi semiotica del fenomeno, come nell'ottimo saggio di Valentina Semprini, o solo una sociologica. E questa domanda (magari un pò spocchiosa ma decisamente buttata lì) mi è sembrato illuminare gli occhi del giovane editore, che è subito partito in quarta nel rispondermi. Tra l'altro, con un entusiasmo che gli si era spento probabilmente fin da subito, quando si era reso conto che l'afflusso del pubblico a questo incontro non era stato esattamente incoraggiante. Il moderatore, dopo, ha anche supposto scherzosamente che ci fossimo messi d'accordo.

2) Dopo una carrellata lunghissima sulle sue novità editoriali, ho fatto al direttore della Panini -Marco Lupoi- due domande/tormentoni dal tono delicatamente polemico. Ovvero: perchè non si decidessero a pubblicare delle testate dedicate al singolo personaggio piuttosto che le attuali formule miste che vedono insieme collane -ed eroi- differenti; e perchè non prevedessero delle ristampe adeguate per gli arretrati Marvel. Le risposte, legate strettamente a logiche commerciali ineludibili, erano quelle che già mi aspettavo, anche se esposte con lucidità e partecipazione (ed un paio di considerazioni che hanno decisamente illuminato il quadro). Il risultato è che le cose per ora resteranno così, ma ora so perfettamente il perchè.
Ad ogni modo, una persona molto motivata ed entusiasta, ed estremamente razionale e precisa.

3) L'incontro con Richard Hatch, protagonista della serie classica di Battlestar Galactica nonchè personaggio importante anche della serie nuova (quella della quale io sono fan assoluto), è stato decisamente l'evento più eccitante. L'incontro coi fan, intervallato dalla proiezione di trailer artigianali da lui stesso prodotti, ha visto l'attore affiancato da una giovane ragazza improvvisatasi traduttrice (quella con la maglia a righe accanto a lui). Quest'ultima, poverina, si è capito subito non avere alcuna conoscenza nè del feneomeno Battlestar Galactica, nè una grande capacità di tradurre adeguatamente l'ospite. Dopo alcuni ululati del pubblico (in realtà pochi, perchè le traduzioni della ragazza venivano quasi sistematicamente ignorate dai preparatissimi fan, e le proteste ritenute per lo più inutili) è iniziato lo spazio delle domande. Anche qui ho avuto il coraggio di fare una domanda, forse perchè "gasato" dall'averne fatte già ben due nella stessa giornata. E, andando un pò controcorrente, per evitare imbarazzi ulteriori alla già estenuata ragazza, l'ho fatta direttamente ad Hatch nel mio semplice e comprensibile inglese di base. Anche qui, una punta -bonaria- di polemica: volevo solo sapere se, visto che all'inizio era scettico sul fatto che nel remake di Battlestar Galactica il personaggio di Skorpio sarebbe stato una donna (a differenza della versione classica), si fosse poi ricreduto. Una piccola provocazione, che si è risolta con la prevedibile ammissione che alla fine era stato fatto un'ottimo lavoro di sceneggiatura. E sono anche riuscito a strappargli una sfocatissima foto col cellulare (che non posto per la mia persistente ritrosia a mostrare la mia immagine in pubblico).

Insomma, bilancio positivo. E oltre al recupero di vari arretrati che mi mancavano, impossibile non citare fra gli eventi piacevoli il concerto in chiave orchestrata (e con tanto di direttore) delle sigle e musiche di vari cartoni giapponesi storici.

Oh, si, e anche i cosplayer. Soprattutto quelli femminili.
Molte mi facevano freddo solo alla vista...

venerdì 3 ottobre 2008

Il colonnello Mustard e l'agente Putin



Uno spettacolo teatrale -poco pubblicizzato invero- in scena in questi giorni qui a Roma, e che probabilmente andrò a vedere questo weekend, è CLUEDOS di Raffaele Castria.
Come suggerisce il nome, si tratta di una rappresentazione che ricalca il gioco investigativo Cluedo. Meglio: si tratta di un giallo interattivo, ovvero uno spettacolo in cui è prevista la partecipazione dello spettatore durante l'investigazione teatrale.
"Le modalità classiche di interazione sono molteplici, dall'andamento a forbice, cioè col pubblico stesso che sceglie la direzione verso cui dirigere la vicenda ad un meccanismo che investe lo spettatore stesso nel ruolo dell'investigatore".
Pare che nei paesi anglosassoni questo tipo di intrattenimento sia in voga da anni, mentre qui in Italia -perlomeno io- ne ho solo sentito parlare vagamente.
Ma a quanto sembra, anche in Russia si usa. C'è un programma televisivo che si basa su questo principio. Sebbene, stando a quello che ho letto di recente su Internazionale, quando uno degli spettatori coinvolti ha scelto per nome dell'omicida virtuale 'Putin', il produttore del programma in persona ha interrotto lo svolgimento del gioco pretendendo che tale scelta fosse cambiata.
Alla fine, poi, si è solo optato per un più blando 'Vladimir'.
Un classico esempio di autocensura un diretta, come lo definisce il giornalista di questa curiosità, Pascal Petit.
Sono abbastanza convinto che se fosse successo da noi (ovviamente con i dovuti distinguo nominali), non ci sarebbe stata alcuna interruzione in diretta. Tutto sarebbe filato liscio, serenamente, e il gioco -perchè di quello si tratta- si sarebbe sviluppato e poi concluso in modo più ironico. E magari, per l'occasione, con qualche punta di lieve e salutare satira.
Poi, il giorno dopo, con tutta calma, si sarebbe sparsa la notizia che il programma in questione è stato cancellato per il suo uso CRIMINOSO.
In quel caso, chi potrebbe contestare la retorica dell'aggettivo?

mercoledì 1 ottobre 2008

Il dilemma dello spazio-tempo


Più che un post sui paradossi temporali di Ritorno al futuro o, peggio, di Donnie Darko, il titolo si riferisce all'impossibilità di essere in due posti diversi nello stesso arco temporale. Questo è un problema quando ci sono due eventi che si vorrebbe seguire, ma in due città diverse (e pochi soldi per viaggiare).
Il primo -decisamente più pubblicizzato e "popolare"- è la fiera del fumetto di Roma, il ROMICS, che oltre a numerosi stand di fumetti e spazi per il gioco di ruolo, è da segnalare per i suoi incontri con scrittori-sceneggiatori-esperti del settore. Incontri dall'importanza più che accademica, dato che per gli studenti di alcune Facoltà è previsto addirittura il rilascio di crediti formativi.
Il secondo -meno famoso tra i ggiovani ma decisamente interessante- è INTERNAZIONALE A FERRARA, ovvero "Un weekend con i giornalisti di tutto il mondo" organizzato dalla (ottima) rivista Internazionale e dall'importanza accademica ancora maggiore.
Ora: il primo evento è a Roma, e si svolge dal 2 al 5 Ottobre; il secondo si svolge a Ferrara dal 3 al 5 Ottobre.
Io, per motivi pratici, economici e di opportunità, opterò per la soluzione più immediata.
Ma una delle prossime edizioni mi farebbe molto piacere fare una capatina a Ferrara di questo periodo. Diverse persone mi hanno parlato benissimo di quella città.
Di Internazionale sento parlare sempre poco, invece. Ed è davvero un peccato: a mio parere è una rivista ottima.