giovedì 28 maggio 2009

Un altro Nanni. Un altro Baldini.


Posso dire con un certo orgoglio di essere uno dei primi, fra i miei amici, ad aver apprezzato la sua interpretazione vocale.

Amavo la sua voce quando ancora non era famoso al grande pubblico.


Poi è arrivata la ricononoscibilità su una scala più vasta,


e, nella metà dei 90, il vero e proprio primo colpo grosso (che lo ha fatto adorare dall'80% delle teenager italiane)


Molti lo riconoscono soprattutto per le interpretazioni più scanzonate legate ad icone più meramente pop del cinema d'animazione,


oppure solo del cinema...


o solo dell'animazione.


Io personalmente lo ricollego indelebilmente soprattutto all'immaginario seriale,
da quello meno recente,


fino ai miti intramontabili che devono molto anche al suo contributo.



TUTTAVIA,
come si dice dalle mie parti,
"il troppo stroppia".

E il continuo abuso del suo talento, tuttavia ormai riconoscibile ed applicato in maniera capillare e finanche improbabile,


per ruoli e personaggi talvolta anche troppo simili e confondibili tra loro,


acuisce ancor di più quel senso di incipiente,
montante e ormai -dalla saturazione-
quasi giustificato

contrariato disappunto.

lunedì 25 maggio 2009

Carosello e pubblicità


In realtà, furbescamente non mi riferisco al mitico contenitore di spot storici dell'archivio Rai. Bensì ad un cortometraggio intitolato CAROUSEL, creato da tale Adam Berg, che ha fatto da spot pubblicitario al televisore LCD Cinema 21:9 della Philips.
Nell'ambiente, questo video è diventato un vero e proprio cult.
Io l'ho scoperto qualche mese fa sul blog del buon Evilmonkey, ma l'afa estiva e la zappingara pigrizia televisiva mi ha portato in questi giorni a ripensarci spesso.
Non chiedetemi perchè, tra l'altro non servirebbe.
Mentre invece, almeno per me, i perchè ed i per come di questo video si dipanano orizzontalmente e verticalmente in maniera convulsa ed incredula. Tuttora.



venerdì 22 maggio 2009

Icone e IKEA (o di come paragonai la mia religiosità alla sindrome di Stoccolma)



Il mio rapporto con la religione è difficile da spiegare.
Sull'esistenza di un creatore divino, il mio pensiero è quello espresso di recente a Parla con me da Corrado Augias, a sua volta mutuato da una molteplicità di pensatori laici: Dio è stato creato dall'uomo per affrontare quelle paure ed angosce che la scienza non può spiegare o che giustifica in modo troppo duro da sopportare. A differenza di altre divinità e superstizioni soppiantate col tempo da spiegazioni razionali e scientifiche circa fenomeni naturali, climatici e di altro tipo, il Dio cristiano (ma non solo), in quanto legato ad assunti metafisici indigeribili come la fine persistente dell'esistenza individuale, la sofferenza ed ingiustizia attive e passive, le calamità naturali decisamente non selettive nonchè imprevedibili ed altre cose del genere, è destinato a non estinguere mai la sua funzione. E di conseguenza, ad essere strumentalizzato nei modi più noti ed antichi, per di più ad opera di rappresentanti che non hanno storicamente mai neanche troppo dissimulato un'ostentazione sfacciata e direi quasi offensiva della propria intarsiata e luccicante opulenza.
Nonostante queste mie idee anticlericali, posso dire di aver avuto una formazione cattolica e di aver frequentato attivamente la Chiesa e le attività parrocchiali con passione e spirito critico fino a (ed anche oltre) la cresima, che non ho poi fatto per l'irreversibilità della mia crisi mistica.
Tuttora la mia tendenza alla polemica in ambito cristiano, in contrapposizione al più pacato agnosticismo ampiamente diffuso, tradisce una religiosità ed una problematicità di fondo che non credo potranno mai abbandonarmi del tutto. Come ho detto in passato, non riesco a non pormi domande e dilemmi irrisolvibili in campo esistenziale, e il non trovare conforto nella religione non fa certo di me una persona metafisicamente serena.
Persino adesso, nonostante tutte le mie accuse iraconde e la mia avversione profonda verso la religione e le sue strumentalizzazioni, sento sempre un grande timore reverenziale quando entro in una qualsivoglia chiesa, in particolare se c'è una funzione in corso. E guardo sempre i ragazzini che bestemmiano (e ce ne sono sempre di più) col disprezzo con cui si guarderebbe uno che sta prendendo a calci un cane. Ma soprattutto: non mi sognerei MAI, neanche per scommessa, di prendere la comunione durante una messa. O di sposarmi in chiesa solo per accontentare la famiglia, per la serie "tanto che te ne frega se non credi: fallo e basta".
In questo, mi rendo conto, ho scoperto di avere un atteggiamento molto più religioso di molte persone - anche assai più giovani di me - che si professano praticanti manifestando però una aproblematicità e superficialità di fondo tali da rasentare quella che si potrebbe cristianamente definire come blasfemia.
In un certo modo, ragionando su quanto abbia vissuto in maniera privativa, castrante e terribilmente "seria" la mia infanzia e preadolescenza religiosa, potrei azzardare il seguente pensiero: il mio rapporto con la religione è in qualche modo una variante della sindorme di Stoccolma (da qui l'improbabile ma irresistibile titolo del post), laddove il sentimento di rispetto - o addirittura di amore - della versione originale è meno positivamente definito e più ambiguamente connotato.
Sinceramente non ho indagato affatto, ma non credo di essere poi l'unico ad aver concepito questa astrusa metafora.
Non che la cosa sia di qualche consolazione, è chiaro.

martedì 19 maggio 2009

Unforgettable

That's what youuu aaaaaare...




Unforgettableeeee
though near or far...



Chiedo venia per la pessima qualità del secondo video. Ma chi ha ben chiara e nitida la sequenza di riferimento (o chi l'ha solo intuita) rischia di apprezzare l'ardito parallelismo.

giovedì 14 maggio 2009

Red Tube


E: no, non è un post dedicato al motore di ricerca hard. Si tratta del grido di allarme pubblicato su Internazionale qualche settimana fa a proposito dei conti in rosso del mitico Youtube.
Il problema di base è che "i contenuti degli utenti hanno un costo di gestione alto e non generano nessun profitto", a fronte del fatto che il sito "ha costi enormi di gestione (immagazzinaggio e distribuzione video), ma fa fatica a vendere spazi pubblicitari".
L'articolo rivela dei dati interessanti, che sinceramente ignoravo. Ad esempio si dice che, per quanto molti video vengano girati gratis dagli utenti, "YouTube spende oltre 250 milioni di dollari all'anno per l'acquisto di video professionali".
E, sulla linea di questa analisi, un'ombra viene estesa anche al fenomeno Facebook:
"
Per condividere le foto, i video e tutto quello che mettete nel vostro profilo, il social network deve sostenere costi enormi. L'anno scorso TechCrunch ha scritto che Facebook spende un milione di dollari al mese di elettricità, 500mila dollari al mese per la banda e quasi 2 milioni alla settimana per nuovi server: gli iscritti caricano quasi un miliardo di foto al mese. Facebook, però, non ha ancora detto come pensa di recuperare gli investimenti che hanno fatto valutare la società 15 miliardi di dollari".

Peccato pensare che due delle invenzioni virtuali più interessanti e rivoluzionarie degli ultimi anni -la prima, personalmente, molto più della seconda- possano scomparire nel breve o medio termine per mancanza di remuneratività. Del resto però, a me l'aspetto economico dei fenomeni in questione era sempre sfuggito. E mi chiedevo: ma di cosa vivono i loro creatori? Possibile che gli basti vendere gli spazi pubblicitari o i dati dei propri utenti? E adesso, finalmente, una risposta ragionevole: no che non basta, infatti le perdite aumentano esponenzialmente.
Ed una domanda analoga e ben più problematica me la pongo riguardo ad EMULE: in relazione all'opera dei "rippatori" da Dvd o da satellite di tutte le novità in quasi tempo reale; in merito all'opera costante ed accurata dei vari Fan-sub che sottotitolano episodi di serie tv straniere ad un giorno dalla loro uscita in patria; con molto scetticismo circa la presunta filantropia di quei temerari che prendono di nascosto video e/o audio dei nuovi film in sala per metterli in condivisione on-line (che poi, mi avevano spiegato, non sono gli stessi file che vendono sulle bancarelle pirata).
Sono meccanismi che uno può solo intuire, ma che in qualche modo continuano a suscitare incredulità nei suoi utenti.
Soprattutto quando si ha quasi l'impressione di usufruire di un servizio vastissimo senza pagare nulla.


lunedì 11 maggio 2009

Livelli Allarme Nerd


Livello Verde:
non ricordarsi se una determinata sequenza la si era vista in E.T o in NAVIGATOR.

Livello Giallo:
in caso di richiesta a bruciapelo di un illustre pittore contemporaneo, non avere altri nomi in mente oltre a quello di Alex Ross.

Livello Arancione:
riuscire a capire se qualcuno sta citando la scena di un film/telefilm o la corrispondente parodia dei Griffin.

ALLERTA (Livello Rosso):
rimanere delusi -ma tanto, tanto, tanto- nello scoprire che le lettere E D W intraviste sulla copertina di nuova uscita dvd in edicola erano solo l'inizio di Edwige Fenech, e che bisognava aspettarselo che non poteva essere uscita una collana su ED WOOD JR...



lunedì 4 maggio 2009

Questa non è SOLO una pipa.


Le prime due cose che ho scoperto su Sherlock Holmes leggendolo per la prima volta in questi giorni:

1) Almeno nei primi romanzi (non so dopo) lui non è un investigatore privato bensì un consulente investigativo, ovvero uno che aiuta gli investigatori a mettersi sulla pista giusta quando non riescono ad interpretare da soli gli indizi raccolti su un caso.

2) Il tema della dipendenza del protagonista dalla droga pesante viene trattato esplicitamente, e con punti di vista alquanto moderni. Per ora l'ho incontrato una volta sola, ma mi hanno detto che non sarà un caso isolato.
A questo proposito, mi sembrava interessante incollare l'inizio -fulminante- del secondo romanzo su Holmes, ovvero IL SEGNO DEI QUATTRO.


"Sherlock Holmes tolse dalla mensola del caminetto una bottiglia e una siringa ipodermica da un lucido astuccio di marocchino. Con dita lunghe, bianche e nervose, fissò all'estremità della siringa l'ago sottile e si rimboccò la manica sinistra della camicia. I suoi occhi si posarono per qualche attimo pensierosi sull'avambraccio e sul polso solcati di tendini e tutti punteggiati e segnati da innumerevoli punture. Infine si conficcò nella carne la punta acuminata, premette sul minuscolo stantuffo, poi, con un profondo sospiro di soddisfazione, ricadde a sedere nella poltrona di velluto. Da molti mesi, per tre volte al giorno, assistevo al ripetersi di quella scena, ma ancora non mi ci ero potuto abituare. Anzi, quello spettacolo mi irritava sempre piú, e spesso la notte la mia coscienza insorgeva dentro di me e mi rimproverava di non saper trovare il coraggio di protestare. Quante volte avevo giurato a me stesso di parlarne apertamente con lui, ma c'era un che, nel suo aspetto distaccato e noncurante che lo rendeva l'ultimo uomo col quale fosse possibile rischiarse l’uso di una qualsiasi libertà. Le sue immense doti, i suoi modi da dominatore e la mia esperienza delle sue straordinarie capacità mi rendevano estremamente cauto nel contrariarlo. Tuttavia quel pomeriggio, fosse il Beaune che avevo bevuto a colazione, o l'eccesso di esasperazione che l'estrema affettazione dei suoi gesti aveva provocato in me, capii a un tratto che non sarei piú stato capace di continuare a tacere. - Be', di che cosa si tratta quest'oggi? - domandai - di morfina o cocaina? Alzò occhi annacquati dal vecchio volume in caratteri gotici che da poco aveva aperto davanti a sé. - Di cocaina - rispose - in una soluzione al sette per cento. Vorrebbe provarla anche lei? - No, grazie - rifiutai seccamente. - La mia salute non si è del tutto rimessa dalla campagna afgana, e non posso permettermi il lusso di strapazzarla inutilmente. Holmes sorrise di fronte a tanto impeto. - Forse ha ragione lei, Watson - ammise. - Temo che, fisicamente parlando, l'influenza della cocaina sia dannosa. Ma io la trovo uno stimolo chiarificatore dell'intelletto tanto forte che, a mio avviso, i suoi effetti collaterali sono del tutto trascurabili.
- Ma rifletta un momento! - protestai con forza. - Pensi allo sperpero di energie che tutto questo
le costa! Può darsi che, come lei dice, il suo cervello ne sia stimolato e attivato, ma si tratta di un processo patologico, morboso, che comporta un accresciuto mutamento di tessuti, e può alla fine produrre una debolezza permanente. Lei, del resto, sa quale reazione ipocondriaca produce tutto questo nel suo organismo. Io trovo che il gioco non valga la candela. Perché vuole rischiare, per un piacere effimero, di perdere le facoltà meravigliose di cui è dotato? Si ricordi che non le parlo soltanto da amico, ma nella mia veste di medico, poiché mi sento in un certo senso responsabile del suo benessere fisico.
Non parve offendersi. Al contrario : riuní insieme le punte delle dita e appoggiò i gomiti sui braccioli della poltrona, come chi si disponesse a conversare con piacere.
- I1 mio cervello - incominciò - si ribella di fronte a ogni forma di stasi, di ristagno intellettuale.
Datemi dei problemi da risolvere, datemi del lavoro da sbrigare, datemi da decrittare il piú astruso crittogramma, o da esaminare il piú complesso intrico analitico e io mi troverò nel mio elemento naturale: allora non saprò che farmene degli stimolanti artificiali; ma io detesto il grigio tran tran dell'esistenza quotidiana: ho bisogno di sentirmi in uno stato di esaltazione mentale costante[...]"

Interessante, nevvero?
Finora non ho mai visto una trasposizione filmica dei romanzi di Sherlock Holmes (se si esclude l'apocrifo PIRAMIDE DI PAURA), perciò ignoro se il tema dipendenza sia già stato affrontato. Però sono curioso di sapere se il nuovo film holmsiano con Robert Downey jr dedicherà almeno qualche minuto alla questione. Del resto, dati il calibro e la storia personale dell'attore, sarebbe quantomeno coraggioso. Nonchè lievemente autoironico.