lunedì 4 maggio 2009

Questa non è SOLO una pipa.


Le prime due cose che ho scoperto su Sherlock Holmes leggendolo per la prima volta in questi giorni:

1) Almeno nei primi romanzi (non so dopo) lui non è un investigatore privato bensì un consulente investigativo, ovvero uno che aiuta gli investigatori a mettersi sulla pista giusta quando non riescono ad interpretare da soli gli indizi raccolti su un caso.

2) Il tema della dipendenza del protagonista dalla droga pesante viene trattato esplicitamente, e con punti di vista alquanto moderni. Per ora l'ho incontrato una volta sola, ma mi hanno detto che non sarà un caso isolato.
A questo proposito, mi sembrava interessante incollare l'inizio -fulminante- del secondo romanzo su Holmes, ovvero IL SEGNO DEI QUATTRO.


"Sherlock Holmes tolse dalla mensola del caminetto una bottiglia e una siringa ipodermica da un lucido astuccio di marocchino. Con dita lunghe, bianche e nervose, fissò all'estremità della siringa l'ago sottile e si rimboccò la manica sinistra della camicia. I suoi occhi si posarono per qualche attimo pensierosi sull'avambraccio e sul polso solcati di tendini e tutti punteggiati e segnati da innumerevoli punture. Infine si conficcò nella carne la punta acuminata, premette sul minuscolo stantuffo, poi, con un profondo sospiro di soddisfazione, ricadde a sedere nella poltrona di velluto. Da molti mesi, per tre volte al giorno, assistevo al ripetersi di quella scena, ma ancora non mi ci ero potuto abituare. Anzi, quello spettacolo mi irritava sempre piú, e spesso la notte la mia coscienza insorgeva dentro di me e mi rimproverava di non saper trovare il coraggio di protestare. Quante volte avevo giurato a me stesso di parlarne apertamente con lui, ma c'era un che, nel suo aspetto distaccato e noncurante che lo rendeva l'ultimo uomo col quale fosse possibile rischiarse l’uso di una qualsiasi libertà. Le sue immense doti, i suoi modi da dominatore e la mia esperienza delle sue straordinarie capacità mi rendevano estremamente cauto nel contrariarlo. Tuttavia quel pomeriggio, fosse il Beaune che avevo bevuto a colazione, o l'eccesso di esasperazione che l'estrema affettazione dei suoi gesti aveva provocato in me, capii a un tratto che non sarei piú stato capace di continuare a tacere. - Be', di che cosa si tratta quest'oggi? - domandai - di morfina o cocaina? Alzò occhi annacquati dal vecchio volume in caratteri gotici che da poco aveva aperto davanti a sé. - Di cocaina - rispose - in una soluzione al sette per cento. Vorrebbe provarla anche lei? - No, grazie - rifiutai seccamente. - La mia salute non si è del tutto rimessa dalla campagna afgana, e non posso permettermi il lusso di strapazzarla inutilmente. Holmes sorrise di fronte a tanto impeto. - Forse ha ragione lei, Watson - ammise. - Temo che, fisicamente parlando, l'influenza della cocaina sia dannosa. Ma io la trovo uno stimolo chiarificatore dell'intelletto tanto forte che, a mio avviso, i suoi effetti collaterali sono del tutto trascurabili.
- Ma rifletta un momento! - protestai con forza. - Pensi allo sperpero di energie che tutto questo
le costa! Può darsi che, come lei dice, il suo cervello ne sia stimolato e attivato, ma si tratta di un processo patologico, morboso, che comporta un accresciuto mutamento di tessuti, e può alla fine produrre una debolezza permanente. Lei, del resto, sa quale reazione ipocondriaca produce tutto questo nel suo organismo. Io trovo che il gioco non valga la candela. Perché vuole rischiare, per un piacere effimero, di perdere le facoltà meravigliose di cui è dotato? Si ricordi che non le parlo soltanto da amico, ma nella mia veste di medico, poiché mi sento in un certo senso responsabile del suo benessere fisico.
Non parve offendersi. Al contrario : riuní insieme le punte delle dita e appoggiò i gomiti sui braccioli della poltrona, come chi si disponesse a conversare con piacere.
- I1 mio cervello - incominciò - si ribella di fronte a ogni forma di stasi, di ristagno intellettuale.
Datemi dei problemi da risolvere, datemi del lavoro da sbrigare, datemi da decrittare il piú astruso crittogramma, o da esaminare il piú complesso intrico analitico e io mi troverò nel mio elemento naturale: allora non saprò che farmene degli stimolanti artificiali; ma io detesto il grigio tran tran dell'esistenza quotidiana: ho bisogno di sentirmi in uno stato di esaltazione mentale costante[...]"

Interessante, nevvero?
Finora non ho mai visto una trasposizione filmica dei romanzi di Sherlock Holmes (se si esclude l'apocrifo PIRAMIDE DI PAURA), perciò ignoro se il tema dipendenza sia già stato affrontato. Però sono curioso di sapere se il nuovo film holmsiano con Robert Downey jr dedicherà almeno qualche minuto alla questione. Del resto, dati il calibro e la storia personale dell'attore, sarebbe quantomeno coraggioso. Nonchè lievemente autoironico.




11 commenti:

tuiti ha detto...

primo: ignoravo del tutto questo aspetto della vita del celebre personaggio;
secondo: incredibile la trasposizione, concordo im pieno;
terzo: mi ritrovo incredibilmente nella descrizione dello stato alterato come "stimolo chiarificatore dell'intelletto";
quarto: appoggia i gomiti e unisce le dita come dylan dog!!!!

Giangidoe ha detto...

Quando ho letto questo pezzo, sabato pomeriggio, ovviamente anche io ho pensato subito alla postura dylaniata.
Ed ero arcisicuro che postando questo incipit, non sarei stato il solo a notare la cosa.
Il fatto poi che sia stata tu la prima non fa che alimentare l'antica incredulità empatica...

Anonimo ha detto...

commento anch'io.
micky

Giangidoe ha detto...

Ehm...
grazie per il tuo contributo!

flo ha detto...

Scopro solo ora che Sherlock è un appassionato di sci... ! O_o

Anonimo ha detto...

Ho adorato Sherlock e non vedo l'ora di vedere il film Downey.Cmq io credo che sia Dylan ad assumere una posa Sherlockkata.
micky

Chit ha detto...

E poi si dice che i blog sono una perdita di tempo. Confesso di non essere un esperto di Sherlock ma anche di averne scoperto di più adesso che in 42 anni da spettatore ignorante.
Aspetto il film a questo punto... ;-)

ArabaFenice ha detto...

le avventure di sherlock holmes è uno di pochi libri che ho acquistato ed è rimasto ancora sulla mensola in attesa di lettura (al contrario degli altri libri che compro e divoro) ma ammetto che questa tua recensione ha risvegliato una grande curiosità. finisco il mattone che sto leggendo e lo metto in cima alla lista delle prossime letture.

p.s. so che come socia sono un granché. dovrei trovare più spesso il tempo e il modo di passare di qui, soprattutto perché trovo sempre post originali.

Giorgio Salati ha detto...

Ne ho letti alcuni su Sherlock Holmes, e anche a me aveva colpito parecchio questo aspetto del personaggio! I romanzi e i racconti sono praticamente tutti belli, anche se talvolta la soluzione è "telefonata" per un lettore moderno... ma dopotutto è da lì che è iniziato tutto! E poi quello che trovo interessantissimo è come fotografi un certo tipo di vita anglosassone ottocentesca, che mi affascina enormemente. Una delle cose che preferisco è l'ironia che Holmes stesso spesso usa al popolo inglese... Fantastico! Mica male anche i delitti della Rue Morgue e altri racconti di Poe di cui è protagonista Dupin, cui suppongo che Conan Doyle si sia ispirato...

Giangidoe ha detto...

@ chit:
A me avevano parlato di questo aspetto del protagonista diversi anni fa, e già stentavo a crederci. Ma sicuramente non mi aspettavo che la questione fosse affrontata in maniera così esplicita, con tanto di confronto dialettico.

@ araba:
Socia, ma che dici! So che sei superimpegnata, e non mi aspetto certo che possa fare un giro completo dei blog amici ogni giorno! E comunque mi ripaghi con i tuoi sempre apprezzati complimenti ;)

@ Giorgio:
Infatti il primo romanzo mi ha subito preso per la parlantina spocchiosa e brillante del protagonista, nonchè per il suo (per ora ancora velatissimo) humor. Il "giallo", invece, è stato a dir poco pretestuoso: non era neanche possibile indovinare il colpevole perchè le storie e le relazioni dei personaggi sono state raccontate solo DOPO l'arresto dell'assassino (che non era mai stato nominato prima!).

Giorgio Salati ha detto...

sì, be', il genere "whodunit" è stato inaugurato da Holmes però effettivamente molte delle prime storie sono un po' pretestuose, evolvendosi solo in seguito nelle storie successive... tanto che a primo acchito Holmes più che un investigatore sembra quasi un supereroe per il fatto che da un granello di sabbia capisce che sei stato in Mozambico a ballare la rumba con un tuo cugino che di secondo nome fa Ernesto.

A decodificare davvero il "whodunit" credo sia stata in realtà Agatha Christie... Parliamo di 30/40 anni più tardi.