giovedì 24 settembre 2009

Oh Mamma... (o Sul dramma dell'Apolidismo incorporeo del Dr. Sam Beckett)

E' curioso che una delle serie che annovero nella mia top ten personale in realtà non l'abbia ancora mai vista nella sua interezza. Potrebbe addirittura per questo essere azzardata la seguente rflessione, ma è una cosa che mi ronza in testa da troppo tempo per poterla ignorare.
Per chi abbia seguito ed amato QUANTUM LEAP - IN VIAGGIO NEL TEMPO, probabilmente l'episodio che più immediatamente sale alla memoria è l'ultimo. Ma riassumere la trama di questo mitico telefilm - o ancor più del suo splendido epilogo - ruberebbe troppo tempo e spazio in questa sede, perciò per ora darò per scontata la sua conoscenza.

Ora: quello che mi sconvolge della conclusione della storia, a prescindere dalle suggestioni cristologiche varie, è proprio il passaggio dello status del protagonista da viaggiatore temporaneo ad apolide incorporeo. Fino ad un certo punto, i suoi salti e le sue missioni (sulle quali si potrebbe scrivere un blog a se, a partire dai paradossi causa-effetto fino agli inevitabili effetti farfalla concatenati) presupponevano un apolidismo momentaneo, forzato, immateriale. La non-piú-appartenenza al suo sistema originario era solo il frutto di un fattore esterno improvviso sebbene autoprovocato (un esperimento andato a male), il suo vero corpo fisico era in uno stand-by indeterminato, e la voglia di tornare a casa rappresentava l'incentivo e lo stimolo per andare avanti nella sua missione inconsapevole. Ma dopo l'"incontro decisivo" della puntata finale e l'agnizione che ne deriva, le premesse vengono irrevocabilmente smontate e la stessa prospettiva esistenziale e progettualità futura assumono contorni ancora più marcatamente metafisici. Il viaggio non avrà mai una destinazione finale, se non - questo è implicito - per il deperimento di un corpo fisico ormai estraneo ed irricongiungibile. Ed il precedente apolidismo temporaneo e subìto, plasmato da una rinnovata coscienza messianica, si trasforma in una consapevole missione senza ritorno. Drammatica nella sua schietta e reale inevitabilità, peraltro abilmente celata fin dall'inizio (e rivelata addirittura da una riuscitissima allegoria di un credibilissimo Creatore).
Qui sta il nodo di tutta la faccenda. Non siamo più dalle parti del giovane 'Ntoni, il primo grande "escluso" della letteratura italiana, che alla fine della vicenda narrata ne I Malavoglia non appartiene più nè alla città nè al suo paese natio. Qui si apre la porta ad una riflessione assai più angosciante: la prospettiva del non tornare e del non rimanere; di un apolidismo eterno, segreto, consapevolmente incomunicabile ed ora irreversibilmente incorporeo.

Ed io me lo immagino ancora lì, il buon Sam, a saltare da una vita all'altra, senza più l'aiuto e la spalla del buon Al, ignorando probabilmente COME si siano svolti i fatti passati alternativi che porteranno a completare - senza il suo amico - quello stesso progetto che lo metterà nella sua attuale prigione quantica, per di più sapendo che la sua futura continuità esistenziale sarà pressochè evanescente sotto quasi tutte le variabili spaziotemporali da lui stesso studiate e valutate sempre così attentamente.
E senza più nemmeno un pubblico per le successive e solitarie avventure, persino il suo amabile tormentone (nonchè titolo di questo post) sarà destinato a cadere nel vuoto, senza piú la spettacolare amplificazione del cliffhanger di fine episodio data dalla solita scritta "Executive producer Donald P. Bellisario".

Tutto questo riguarderà un altro pubblico, un'altra storia. Un'altra vita.
Quella precedente.
Sempre che abbia più senso parlarne.


6 commenti:

isline ha detto...

Posto così è probabilmente il finale più angosciante e drammatico della storia dei telefilm!

Giangidoe ha detto...

Eh, ma io é cosí che l`ho metabolizzato.
Nella sua suggestiva e triste perfezione, è ovvio...

peppermind ha detto...

Veramente, che lettura senza speranza...

Bellissima!

Giorgio Salati ha detto...

ammazza che elucubrazione metafisica! me fai paura! Giulio Giorello sarebbe orgoglioso di te.

Giangidoe ha detto...

Pochi finali mi hanno entusiasmato e fatto pensare come quello.
Soprattutto nel panorama seriale.
Certo, c'è quello di Twin Peaks. Ma quello meriterebbe un'interpretazione analitica e semiotica a livelli cui non potrei mai aspirare...

Anonimo ha detto...

I Malavoglia, che dolci ricordi! Bella la definizione di apolidismo eterno. Molto malinconica.
STARLA