
Nonostante il mio ateismo indiscusso, credo che qualcosa delle mie radici cristiane abbia fortemente influenzato la creazione e l'eternazione dei miei miti personali, per lo più a livello iconografico.
Nel mio universo autoreferenziale, molti personaggi - seriali e non - sono per me sintetizzati simbolicamente da singole immagini che ne cosituiscono in qualche modo un logo funereo, una locandina drammatica. Azzardando un paragone rispettoso, l'equivalente di un
crocifisso pop.
Il gioviale e ironico Spiderman del fumetto, nonostante le dozzine di vignette famose e replicate che lo hanno meglio rappresentato, è per me legato a singoli momenti grafici che lo immortalano nel culto di una persona morta. Lo zio Ben, certo. Ma, in primis, la sua prima e mai dimenticata ragazza Gwen Stacy (quanta potenza in quel tremendo
"
SNAP", precursore della tragedia imminente?).
Stessa cosa per Daredevil, di solito ricordato nel suo abbraccio alla croce di pietra della tomba di Elektra. O in chiesa, con in braccio una Karen Page appena uccisa dalla sua nemesi di sempre.
Scene - anche queste - ricordate, citate, serigrafate all'infinito come vere e proprie opere d'arte.
Anche il mio amato e ricorrente Maison Ikkoku è in qualche modo legato a questo filo, dato che spesso le immagini che vengono utilizzate per richiamare la protagonista in poster e locandine sono legate al culto del defunto marito: l'abito nero a lutto, l'incenso, i ciliegi in fiore a malinconica cornice dei ricordi del suo primo amore.
Questo vale in realtà per molti altri contesti.
Dallas assurto a mito (pur non avendolo mai visto) solo per una pratica resurrezione da doccia. Rat-man che rapisce definitivamente i lettori, negli esordi, quando l'amore della sua vita gli scivola dalle dita come liquame. Dylan Dog che vaga disperato alla ricerca di una donna che sa di amare ma che non ha mai visto - Morgana -, o che trascorre le ultime oniriche ore della sua morente ex ne
Il Lungo Addio. O che rivive la morte del dolcissimo Johnny Freak, o della moglie - per poco - Lillie Connolly.
Tutto ciò sempre tralasciando i film, dove questo discorso non si potrebbe fare se non spoilerando molti di essi ed addentrandosi in analisi critiche già ampiamente elaborate.
La morte ha sempre dato dignità, serietà e spessore alle storie. Sia nella finzione come nella realtà. E credo che il punto sia proprio questo.
Nei prodotti di lunga serialità - categoria nella quale il Cristianesimo credo rientri magistralmente - mi sono scoperto affascinato da questa semiologia luttuosa, preferendola a quella più solare e patinata usata di solito a fini promozionali e commerciali.
Come succede per molti cristiani, anche io ho sviluppato - ogni volta in maniera diversa - un singolare culto legato ad una morte eccellente. Ed anche per i personaggi colpiti dalla perdita, le immagini di quelle morti sono delle ossessioni ricorrenti, un continuo monito per non dimenticare i propri doveri, le proprie responsabilità e finanche le proprie
colpe.
Dove sta quindi la differenza sostanziale?
Che nè Spiderman nè Daredevil pensano di aver ucciso il figlio di Dio, e di doversi far perdonare qualcosa che non hanno commesso.
E direi che questo cambia completamente la prospettiva.