giovedì 21 agosto 2008
Corpi senza celluloide
Sul blog di Gabriele Niola, qualche giorno fa, è apparso un post sul valore mitopoietico e cinematografico dello sport (Olimpiadi in primis). Data la mia curiosità -e la mia naturale propensione a negare lo sport come fonte di prodotti culturali o veicolo di universi valoriali- ho chiesto all'autore una spiegazione più dettagliata del suo pensiero sull'argomento. Ne è derivato un commento ampio, analitico e decisamente illuminante che segnalo vivamente in questa sede (nel momento in cui scrivo, è il penultimo commento a quel post) .
Probabilmente questo non cambierà la mia scarsa passione per lo sport, nè come evento nè come serbatoio di storie di riscatto e sacrifici personali. Tuttavia in futuro sarò meno duro ed immediato nel replicare a qualcuno che dovesse affermare con decisione che anche lo sport è un (sotto)prodotto culturale. O addirittura una forma (spuria) di cinema.
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6 commenti:
Lo sport non è arte, ma lo sport è pieno di grandi storie di riscatto e di vita vera e pulita.
Questo non significa che lo sport sia cultura, ma può educarti a valori quali il rispetto del tuo avversario e non l'odio, al sacrificio, alla voglia di lottare al gusto della vittoria ed al dolore della sconfitta.
Certo parlliamo di sport e situazioni dove non si entri a contatto con epo, steroidi, ed altro...
Ma anche dentro quella parte malata e marcia dello sport, ci sono fiori che nascono dal letame se vuoi (passami la citazione dotta lol) e che sono un simbolo per chi vuole credere che i sogni e le vittorie si possono ottenere lottando con onestà e determinazione.
Ciao
Daniele
Su quello che hai scritto sono d'accordo, Daniele.
E' infatti solo all'idea che una gara sportiva -commentata e filmata con vari artifici retorici o stilistici- possa essere considerata cinema che il mio sistema di pensiero ha sempre fatto orecchie da mercante.
Spesso facciamo l'errore di associare il concetto di sport a quelle pochissime discipline sportive, in primis il calcio, che la TV ci propina.
Ma lo sport, quello vero, non è il mondo dorato che conosciamo.
Esistono discipline cosiddette minori in cui storie di riscatto, di grandi sacrifici e di grande passione sono all'ordine del giorno.
Peccato che magari le vediamo una volta ogni quattro anni (e neanche tutte!)...
Che lo sport fosse un mondo dorato non l'ho mai pensato, devo ammetterlo. Nè che fosse un universo alla moda, appetibile o interessante.
Anzi, forse è proprio il disprezzo verso il capitale immane che movimenta e verso i modelli umani boriosi e beceri che spesso lo popola che non l'ho mai troppo sopportato.
Inoltre, in generale, per quanto antico e virtuoso potesse anche essere, non ho mai trovato attraente un universo in cui il bello sta nell'apprezzare la qualità della performance fisica di una persona (o di un gruppo di persone) dalle abilità peculiari. E questo a prescindere dalle storie umane alle spalle dei vari atleti (e di storie bellissime di riscatto personale e comunitario ce ne sono tante anche fra attori, scrittori e artisti in generale).
Infine -giusto per fare un parallelismo un pò provocatorio- il mondo dell'hard si basa sullo stesso principio, e non mi pare abbia mai goduto di grande considerazione sociale...
Lo sport non è solo una performance fisica,ci vuole anche la testa e tanta forza di volontà.
micky
Lo so bene e rispetto chi lo pratica attivamente, soprattutto chi lo fa per mantenere attivo e tonico il corpo, sfogare la tensione emotiva o -nei casi più importanti- sfamare la propria famiglia o dare addirittura una presenza o una medaglia olimpica al proprio bistrattato paese.
Io sono semplicemente fra quelli che, a guardarlo -o tifarlo- da spettatore (e quindi lo sport PASSIVO) non riesce nè ad esaltarsi nè ad esserne semplicemente intrattenuto.
Ma, come dicevo, quel commento che ho segnalato nel post inquadra lo sport come evento culturale in una maniera -per me- inedita e senz'altro realistica.
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