
Non posso certo dire che Oliver Stone sia uno dei miei registi preferiti. La retorica americana -o antiamericana- dei suoi film è sempre un pò troppo sopra le righe, e qualche scivolone eclatante di questi ultimi anni non ha certo contribuito a rivalutarmelo.
Tuttavia, le sue biografie politiche mi sono piaciute. I film su Nixon e JFK e l'intervista a Castro (devo ancora recuperare il documentario su Arafat) sono stati una visione interessante, sia dal punto di vista stilistico che informativo.
Per questo motivo, la notizia che il suo nuovo lavoro biografico, W, non sarà presente al Festival di Roma -come inizialmente previsto- perchè il nostro premier non vuole, beh... Rimando direttamente all'articolo del link per le riflessioni sulla questione. Riflessioni che condivido in pieno, come il titolo di questo post esplicita.
A questo punto mi viene in mente la polemichetta di qualche anno fa quando, alla nascita del Festival del cinema di Roma, qualcuno storse il naso temendo che un'altra così altisonante manifestazione internazionale nel nostro paese -affiancata a quella già nota ed apprezzata di Venezia- potesse essere stata concepita, oltre che per i soliti motivi economici e di visibilità, soprattutto per "riequilibrare" un pò la vetrina cinematografica italiana (in parole povere: Venezia sinistra - Roma destra).
Non entro nel merito dell'opportunità teorica di quella logica. Mi limito solo ad affermare che essersi scandalizzati, all'epoca, all'idea che potesse essere proprio quella la motivazione principale, fu segno o di ingenuo buon senso o di scarsa cognizione del fanatismo propagandistico politico nostrano.