sabato 13 settembre 2008

MinculpoW


Non posso certo dire che Oliver Stone sia uno dei miei registi preferiti. La retorica americana -o antiamericana- dei suoi film è sempre un pò troppo sopra le righe, e qualche scivolone eclatante di questi ultimi anni non ha certo contribuito a rivalutarmelo.
Tuttavia, le sue biografie politiche mi sono piaciute. I film su Nixon e JFK e l'intervista a Castro (devo ancora recuperare il documentario su Arafat) sono stati una visione interessante, sia dal punto di vista stilistico che informativo.
Per questo motivo, la notizia che il suo nuovo lavoro biografico, W, non sarà presente al Festival di Roma -come inizialmente previsto- perchè il nostro premier non vuole, beh... Rimando direttamente all'articolo del link per le riflessioni sulla questione. Riflessioni che condivido in pieno, come il titolo di questo post esplicita.
A questo punto mi viene in mente la polemichetta di qualche anno fa quando, alla nascita del Festival del cinema di Roma, qualcuno storse il naso temendo che un'altra così altisonante manifestazione internazionale nel nostro paese -affiancata a quella già nota ed apprezzata di Venezia- potesse essere stata concepita, oltre che per i soliti motivi economici e di visibilità, soprattutto per "riequilibrare" un pò la vetrina cinematografica italiana (in parole povere: Venezia sinistra - Roma destra).
Non entro nel merito dell'opportunità teorica di quella logica. Mi limito solo ad affermare che essersi scandalizzati, all'epoca, all'idea che potesse essere proprio quella la motivazione principale, fu segno o di ingenuo buon senso o di scarsa cognizione del fanatismo propagandistico politico nostrano.

giovedì 11 settembre 2008

Serie col botto (perlomeno nel titolo)


Di solito non dedico spazio a serie che non ho visto integralmente o in buona parte, ma mi sento di fare una nostalgica eccezione per BOOMTOWN.
Questa serie, beccata per puro caso tre anni fa su LA7 -la rete in chiaro, a mio parere, più attenta alla qualità di film e telefilm-, è stata una scoperta stilistica davvero curiosa.
Si tratta di un telefilm di genere poliziesco (e fin qui, niente di particolarmente originale). Tuttavia è lo schema di ogni episodio ad essere interessante. In ciascuna puntata, che ruota intorno ad un solo ed unico crimine, vengono messi in scena i diversi punti di vista dei personaggi in esso coinvolti, cosicchè la vicenda viene seguita da tutti i suoi protagonisti (con la molteplicità di prospettive che ciò comporta): la polizia che domina la scena, il procuratore distrettuale con le sue implicazioni politiche, i paramedici che intervengono sui luoghi delle sciagure, e persino i giornalisti che cercano di raccontare obiettivamente l'accaduto.
Innegabile il richiamo strutturale a PULP FICTION, con le sequenze dedicate a ciascun personaggio introdotte da uno schermo nero con il nome dello stesso sovraimpresso.
In tutto sono state prodotte due stagioni, il che potrebbe ragionevolmente essere segnale di scarso successo in patria. Le puntate che ho beccato io (una manciata, invero) erano sparse fra la prima e seconda. Ma come spesso accade quando si stanno seguendo altre serie, decisi all'epoca di rimandare la visione occasionale per fare poi una futura full immersion completa e cronologicamente corretta.
Non so quale sia stato il link mentale o emotivo che mi ha spinto a ripensare a questa serie proprio in questi giorni, ma siccome mi fido molto dei segnali inconsci del cervello umano
(tipo quando ti viene in mente, tre giorni dopo la sua utilità, il nome di quell'attore che avevi sulla punta della lingua e che prima o poi ti tornerà in mente, e magari in un contesto decisamente incongruo),
proverò a rimediare a questa inadempienza.

Nota finale per il magnetico Neal McDonough, procuratore dall'inquietante sguardo di ghiaccio.
Pare che impersonerà nientemeno che Mr. Bison in un prossimo film ispirato a STREET FIGHTER.
Ci sta, vero?


mercoledì 10 settembre 2008

I ragazzi di (viale) Libia


In riferimento all'incontro di Berlusconi e Gheddafi, molti hanno parlato di una lezione di storia (ad esempio, Internazionale di venerdì scorso). E hanno anche detto che Sarkozy non potrà ignorare questa lezione. E che il pentimento pubblico è un modo di non negare le proprie colpe e la storia in generale.
Tuttavia mi chiedo: se l'accordo prevede un versamento di "200 milioni di dollari all'anno nei prossimi 25 anni da destinare a progetti infrastrutturali in Libia", e se tale misura viene presa per fare ammenda del colonialismo italiano in quel paese, beh...
Non suona un pochino -almeno vagamente- diciamo, ehm...

...paradossale?

lunedì 8 settembre 2008

Orange Manhattan


Non amo le commedie romantiche, tantomeno quelle generazionali. Ma recentemente ho visto un film molto carino che rientra senz'altro nella prima categoria e, in qualche modo, anche nella seconda. Sto parlando di INNAMORARSI A MANHATTAN, di tale Mark Levin (regista del recente "Alla ricerca dell'isola di Nimh").
La storia, come spiegato nel link, è quello di un ragazzino di 11 anni che si innamora di una coetanea e affronta questa sua prima "cotta" con lo spaesamento -e l'ironia- del caso. La voce fuori campo del piccolo protagonista è uno dei punti di forza del film, con le sue riflessioni ingenue ma divertenti sulle dinamiche dell'amore o l'imperscrutabilità del comportamento femminile (e persino del proprio). E il tutto riesce a non scadere mai nella volgarità -nonostante la surreale scena iniziale del vomito collettivo- e a mantenere un garbo ed un ritmo sempre alti.
La nota più apprezzabile però, per me, sono state le citazioni di uno dei cartoni più famosi -e romantici- dell'animazione giapponese, ovvero ORANGE ROAD (in Italia, "E' quasi magia Johnny"). A parte gli stratagemmi del pensiero ad alta voce o delle fantasie -e imbranataggini- ad occhi aperti del timido protagonista (che potrebbero non essere caratteri abbastanza distintivi), ci sono due sequenze che sono senza dubbio prese da lì:
1) La ragazzina, dopo aver detto al ragazzino che avrebbe fatto dei test d'ammissione a delle scuole private ed aver visto la sua reazione contrariata, lo rassicura dicendogli che tanto non ne avrebbe superato nessuno; e poi specifica con un sorriso: "Magari sbaglierò il test...", solleticando con questa frase ambigua la fantasia sentimentale di lui (cos'avrà voluto dire? significa che mi ama ed è disposta a non superare apposta l'esame per stare vicino a me?)
2) La scena onirica in cui lui interrompe l'immaginaria funzione nuziale di lei con un altro ragazzo sbattendo i pugni contro la finestra e urlando "NOO!".

Certo, a meno che queste scene non furono a loro volta scippate ad altri film o prodotti del passato...

Questo solo per dire come il gioco di citazioni cinematografiche, indicato nella recensione del link, si riferisca -non in modo ironico- anche al variegato mondo dell'animazione seriale.

venerdì 5 settembre 2008

Userò gli occhi del cuore...


Finalmente anche in campo seriale, l'Italia è riuscita a fare il salto di qualità. Gli amanti di telefilm e fiction mi dicevano che anche La Squadra è (era) un prodotto di ottima fattura, e più recentemente anche RIS; ma in entrambi i casi, esistevano dei rimandi -o addirittura dei format- esteri di riferimento (con risultati quasi parodistici nel caso di RIS, e una rielaborazione invece originale e del tutto nostrana nel caso de La Squadra).
Ma la vera novità è un telefilm concepito -come accade nella miglior fabbrica di serie, gli USA- direttamente per il satellite, con le aperture stilistiche e registiche che tale target ha permesso.
Si tratta di BORIS, fiction metanarrativa ambientata sul set di una tipica soap opera all'italiana -Gli occhi del cuore 2- dove le idiosincrasie di attori, registi e addetti ai lavori si mischiano ai problemi tecnici legati al budget, alle scadenze, al sottopagamento e a tutte le dinamiche imperscrutabili di (scarsa) qualità ed opportunità che dominano sulle sceneggiature e regie televisive.
Dei richiami stilistici ci sono anche qui. Il riferimento principale, dichiarato fin dall'identico titolo del primo episodio, è SCRUBS: lo ricorda soprattutto per i dialoghi frizzanti -anche se meno fluviali di quelli del Dr Cox-, le fantasie ad occhi aperti e la caratterizzazione di alcuni personaggi. Tuttavia, anche dai titoli degli episodi stessi, traspare la passione per il cinema e i fenomeni seriali di culto degli ultimi anni: mentre la prima serie mantiene una sottotrama sottile e si concentra sul'autoconclusività degli episodi, la seconda risulta avere una maggiore continuità ed un gioco citazionistico più evidente (ad esempio con LOST o 24).
Sugli aneddoti e le guest star lascio, chi volesse, alla lettura del link di Wikipedia. Posso solo dire che è forse la prima volta che vedo -sul piccolo schermo- un prodotto italiano di qualità alta e costante, con attori magnifici e che risulta divertente e brillante senza cercare di non sembrare italiano.
Chi volesso dare un'occhiata a BORIS, su Youtube trova quasi tutto.

La nota finale va a Francesco Pannofino: bravissimo, azzeccatissimo, autore del più significativo tormentone di questa serie (celebrato anche nella sigla di Elio e le storie tese) ma usato con relativi garbo e parsimonia.
Oltre ad essere uno dei miei doppiatori preferiti, adesso è diventato anche un piccolo mito della mia mitologia seriale.


mercoledì 3 settembre 2008

Lontano da lui



Questa volta mi limito a segnalare un bel progetto -realizzato da tale Philip Toledano- del quale sono venuto a conoscenza dai blog di st3fania ed isline.
Si tratta di una galleria fotografica dal titolo EMOTIONAL, che racconta -in un percorso visualizzabile sul sito ufficiale- la toccante storia del rapporto fra un figlio (l'autore del lavoro) e il proprio anziano padre, affetto da uno scompenso che lo porta a non avere memoria a breve termine.
Le foto sono spesso corredate da delle didascalie in inglese a lato: non ho idea se qualcuno abbia tradotto in italiano quelle parti su qualche sito, ma poichè sono molto importanti nella "narrazione" consiglio a chi non potesse farlo personalmente di farsi aiutare nella traduzione (in realtà abbastanza semplice per chi mastica un pò quella lingua).
Il titolo del post rimanda al titolo di un bel film uscito qui da noi qualche mese fa -LONTANO DA LEI- che, seppure con mezzi e fini differenti, affronta un tema molto simile con altrettanta delicatezza (ma anche gradi di lirismo ed idealizzazione del tutto fiabeschi).

lunedì 1 settembre 2008

YouMaison


Tempo fa ho dedicato un post alla mia serie animata preferita, MAISON IKKOKU. Solo recentemente ho scoperto, curiosando su Youtube, che l'intera serie è disponibile, in lingua italiana, su quel fantastico sito. Poichè la lunghezza massima dei filmati deve essere di circa 10 minuti, ogni singolo episodio è spezzato in due parti (ma è comunque presente in versione integrale). E ho verificato la presenza anche del lungometraggio animato -il cosiddetto "Capitolo finale"-, sempre il lingua italiana, nonchè degli OAV e dei film action-live (però in lingua originale con sottotitoli in inglese: non male, considerando che non hanno mai avuto un'edizione italiana).
So che questa rivelazione forse non interesserà nessuno dei frequentatori di questo blog (a parte Tuiti), ma mi sembrava doveroso dedicarvi un post.
La seconda segnalazione, sempre in tema, è quella di due delle sequenze più belle e indicative della serie (per lo più della sua parte più matura).

Di questo primo filmato (la seconda parte della puntata 93) consiglio la visione dei primi 8 minuti e mezzo:


Di questo secondo filmato (la seconda parte della puntata 94) invece consiglio la visione dal minuto 6:30 in poi.


Sempre se qualcuno avrà voglia e pazienza...
Potrebbe essere una piacevole sorpresa, o comunque almeno una prima tacca positiva nella propria personale valutazione -magari tendenzialmente scoraggiante- dei cartoni giapponesi.