venerdì 31 ottobre 2008

Solo tre desideri. Ma le domande sono sei:


E' riscontrabile del Genio in un gruppo che decide di chiamarsi Il Genio e di chiamare il proprio album Il Genio?
Bastano una vocetta sussurrata da gattina leziosa d'oltralpe ed una che ricorda Moby imitando Serge Gainsbourg a restituire le Geniali suggestioni musicali francesi degli Air, dei loro padri e dei loro nonni?
Servono testi ai limiti dell'idiozia (perchè definirli "di una semplicità imbarazzante" potrebbe non precludere una vena di Genialità) e casuali citazioni cinematografiche pop per scomodare il Genio shumpeteriano?
Riescono occasionali incursioni progressive e richiami alla tradizione classica -italiana e non- a dare sfoggio di una Geniale reinvenzione o riattualizzazione del panorama musicale nostrano?
Ma soprattutto: possono un video ed una canzone come quelli di Pop Porno avere traccia, nel loro minimalismo provocatorio, di intuizioni Geniali?

Non ho risposte a tutte queste domande. Ma io l'album de Il Genio lo ascolto e lo riascolto, in questi giorni. Ed il video sopra citato mi si è insinuato nel cranio come un microchip alieno.
E mi è successa la stessa cosa, mesi fa, con l'album "Sguardo contemporaneo" di BUGO.

Le opzioni sono diverse: o loro -Bugo e Il Genio- sono idioti ed io sono un idiota che ci va appresso; o loro sono dei Geni ed io sono un Genio pure, perchè non penso siano idioti; o Il Genio sono i veri Geni e Bugo no, ed io sono idiota perchè tratto entrambi come se avessero qualcosa di imperscrutabilmente Geniale; o Bugo è un Genio ed Il Genio no, per cui io...

Bien,
ci siamo capiti, no?

mercoledì 29 ottobre 2008

A (B&)Beautiful mind




Puntare i riflettori critici su una soap potrebbe far gridare allo scandalo. Eppure l’importanza di Dominick Marone, personaggio relativamente recente di The Bold and the Beautiful (opera fluviale sul cui titolo il Bel Paese ha avuto, letteralmente, l’ultima parola), ha una sua innegabile dignità quasi letteraria che merita di essere condivisa.
Perché, vi chiederete? E’ presto detto.

Per usare una metafora ludica, verrebbe da affermare che gli interventi di Nick in Beautiful siano assimilabili agli scossoni dati ad un flipper durante il gioco: dopo due o tre colpi un po’ più violenti, i pulsanti laterali si bloccano e la biglia scivola nel mezzo, irrecuperabile. Alle frasi di Nick, sia quando divertenti che quando drammaticamente serie, i personaggi/attori sbarrano gli occhi o sorridono imbarazzati, come se la loro appartenenza alla finzione fosse per un attimo strattonata e messa a rischio, sfilacciando il patto narrativo come un maglione rovinato.
Sono senza dubbio le battute ironiche, però, il vero fulcro del ruolo metanarrativo di Nick.
Memorabile, ad esempio, il suo primo incontro con Bridget, trentenne figlia della femme fatale per eccellenza Brooke Logan. Alla scoperta del loro legame familiare, le esclamò senza mezzi termini: "Figlia? Sua mamma deve averla concepita ad 8 anni!". Tuttavia, anche nelle sue riflessioni serie si avverte sempre un piano leggermente sopraelevato rispetto alla gittata di pensiero degli altri. Le analisi di azioni e situazioni che egli snocciola (talvolta con sprezzante spavalderia) appaiono troppo spesso imbarazzantemente extradiegetiche.
Ed è lì, quando lo spettatore coglie l'autoironia della soap, che avverte un baco nel sistema. E qualcosa inevitabilmente cambia.

L'impressione che ho di Nick può essere sintetizzata da una immagine forse puerile ma efficace. Fate conto che lo spettatore di un cartone animato venga assorbito improvvisamente dalla tv, entrando a far parte di quel mondo ma mantenendo sprazzi di consapevolezza personale. E che, seppur decidendo inizialmente di adeguarsi agli stilemi di tale universo per non creare disagi, col passare del tempo cominciasse a sensibilizzare i suoi nuovi conviventi alla "realtà" ,o almeno alla verosimiglianza. Proprio come il trasognato protagonista di Pleasantville. Ovviamente, però, senza il medesimo successo. A quel punto, a nulla servirà invitare la bionda monolacrimante della soap a ragionare, a farle considerare non più tanto normale che tutte le porte di casa siano sempre aperte, che i propri figli crescano a botte di dieci anni da un mese all’altro, eccetera. Quello che otterrà il nostro (anti)eroe sarà sempre l’abbraccio di una lei spaventata e piagnucolante.

Ma a qualcuno piacerà sempre pensare che, per una impercettibile frazione di secondo, in lei (o lui, perché no?) ci possa essere almeno un barlume di coscienza. Un singolo attimo in cui l'incantesimo si rompa e il rinato personaggio appena uscitone si chieda incredulo "ma... dove sono?".

Certo, almeno fino alla sequenza successiva.

Sennò che gusto c'è?


martedì 28 ottobre 2008

Per pura fatalità


Per quanto Tornatore non sia certo il mio regista preferito, posso senza dubbio affermare che ha girato uno dei film più belli della mia personale classifica. Direi addirittura del mio ristrettissimo podio (poi un giorno bisognerà pur parlare del concetto di podio, nelle classifiche di categorie aperte).
Il film in questione è UNA PURA FORMALITA'. Non saprei neanche come definirlo, come di solito accade con le cose che si ama di più. E' sicuramente più di un thriller, più di un film metafisico, più di una prova d'attori (con la a maiuscola), più di un trionfo di maniera, e più di una sceneggiatura -e scenografia- perfetta. Per la trama, rimando a questo link dal testo striminzito quanto basta.
La cosa senza dubbio più evidente di questa claustrofobica storia, umida di pioggia e sporca di fango, è il suo impianto teatrale. La struttura è fondamentalmente quella di un lungo interrogatorio fra due carismatici figuri, interpretati dai monumentali Depardieu e Polanski. E quando, per pura fatalità (come da titolo) ho scoperto che a Roma sta per andare in scena un adattamento teatrale di quel gioiello -venerdì e sabato di questa settimana- per la regia del coraggioso Alessandro Londei, mi è sembrato di cogliere davvero un improbabile e nostalgico "segno" di questa giornata romana stranamente piovosa e sospesa.
Non ho idea se questo spettacolo abbia già girato un pò o se sia stato messo in scena solo nella capitale. Ad ogni modo io andrò a vederlo, poichè ho la (s)fortuna di viverci, nella capitale.
Ma se sarà interessante anche solo la metà di quello che spero, mi auguro comunque in un futuro tour teatrale di ampio respiro.



lunedì 27 ottobre 2008

Il cinema: roba per pervertiti


Lungi dall'essere la segnalazione di qualche contributo psicologico da quattro soldi apparso in tv o su carta, in realtà il titolo di questo post sottolinea solo la bonaria curiosità per un film pubblicizzato recentemente sull'ottima rivista Internazionale. Mi riferisco al singolare The pervert's guide to cinema, del filosofo e psicanalista sloveno Slavoj Zizek: pare essere un interessante esperimento metanarrativo sul cinema, che scava nel linguaggio segreto di questo mezzo "per mostrarci ciò che i film rivelano su di noi" (virgolettato da Internazionale).
E poichè, dal trafiletto che ho letto, si tirano in ballo mostri sacri come David Lynch e Hitchcock, la mia curiosità per questa premiata pellicola (in realtà del 2006) si è fatta decisamente grande.
Non so quando avrò modo di vederlo e se sia davvero interessante come sembra ma, poichè dovrebbe essere in edicola da questa settimana, ho ritenuto poter essere di qualche utilità segnalarlo in questa sede per qualche amante del genere.
O semplicemente, per chi si fida ciecamente degli allegati di Internazionale.

venerdì 24 ottobre 2008

Gli occhi delle donne (assassine)


Dal battage pubblicitario e dai trailer che ho potuto vedere, le premesse sono molto buone.
E considerando che dietro c'è la Wilder, già produttrice del mitico BORIS, sono speranzoso.
Questo è un trailer.

Vedremo.
Se dovesse capitarvi di guardare l'episodio pilota (o nel caso l'aveste già guardato) passate di qui a dirmi com'è.
Io conto di guardarlo la prossima settimana.
Buon week-end!

giovedì 23 ottobre 2008

Disciplina, figliuoli. Di-sci-pli-na.


Norme più severe per le scuole italiane: gli alunni dovranno, e questa volta TASSAtivamente, tenere spenti i propri cellulari durante la lezione.
Sarà tuttavia permesso l'uso anche frequente di carte di credito e prepagate, bancomat e finanche di generatori di codici on-line, per gli acquisti di beni e servizi di prima necessità.
Scolastici in primis.

martedì 21 ottobre 2008

Another brick in the Wall-E


Quando vidi il trailer di Wall-E la prima volta pensai -come molti- che sarebbe stato il nuovo capolavoro della Pixar, probabilmente un film suggestivo e citazionista come i precedenti, soltanto dallo sfondo più "spaziale". Insomma: dopo aver animato insetti, pesci, giocattoli, macchine e mostri, era la volta dei robot; e anche se c'era già il godibilissomo -e rivale- ROBOTS del 2005, si sa che nei film animati (in 3D soprattutto) copiarsi le reciproche idee di ambientazione non è infrequente.
Invece, mi sono trovato di fronte qualcosa che non mi sarei aspettato. E non intendo semplicemente l'ennesimo jackpot da parte della casa di Lasseter. Intendo che adesso, nonostante siano passati dei giorni dalla visione e il mio giudizio si sia ormai raffreddato, Wall-E è decisamente in cima alla mia classifica cinematografica "generale", non solo animata.
A questo punto, rimando -come era nelle intenzioni iniziali di questo contributo- all'ultimo completissimo post di isline, che reputo perfettamente aderente alle mie impressioni e ai miei giudizi (anche quelli che precedono le riflessioni su Wall-E).
In particolare, ci tengo a sottolineare la molteplicità di chiavi di lettura del film. Nel senso che, letteralmente, ci sono temi e suggestioni che un bambino NON PUO' cogliere -almeno non normalmente- pur potendo comunque godere del semplice strato più superficiale; mentre l'adulto, alla fine, non rimane semplicemente contento e divertito come quando gli capita di vedere un buon film per ragazzi -magari con qualche ammiccamento o citazione "giusta"-, bensì ne esce estasiato, commosso e addirittura (come nel mio caso) profondamente malinconico come se avesse visto un film complesso e tuttavia fiabesco ed anacronistico.
I più piccoli potranno quindi senza dubbio cogliere i messaggi ed i sentimenti più evidenti -e d'altronde per nulla banali- come la solitudine, la timidezza, l'alienazione, la pigrizia, l'ambiente. I grandi, invece, in base anche alle singolari esperienze culturali e personali, possono rintracciarvi temi epocali di altra natura: l'eroismo inconsapevole dell'obsolescenza (per usare un termine più umano, della vecchiaia); l'amore e l'abnegazione esclusivi ed incondizionati verso una persona cara ridotta in stato vegetativo -che è poi uno dei punti più importanti della recensione di isline-; l'insanità mentale in una società ipercontrollata ed omologata; la perdita o meno dell'innocenza di fronte alla percezione della violenza fisica (vista o subita); etc. etc.
Lo so: probabilmente l'impressione di chi legge è che io tenda, come spesso accade quando si è amato molto un film, a caricarlo di significati che probabilmente non erano nemmeno lontanamente nella mente dei suoi creatori. Tuttavia, da quello che ho letto prima e dopo la visione, mi piace pensare che almeno per Wall-E non si tratti soltanto di una tendenza dettata da entusiasmo e strascico emozionale contingente, bensì del riconoscimento difuso ed analitico della genialità in casa Pixar, dalla potenza all'atto più completo.
Almeno finora.