
Non mi capita così spesso di avere la possibilità di partecipare a delle anteprime cinematografiche, e quando succede non faccio di certo lo schizzinoso.
L'ultima volta, però, ho davvero messo alla prova me stesso andando alla proiezione speciale di FAST & FURIOUS: SOLO PARTI ORIGINALI.
In realtà, non sono il classico cinefilo snob che adora solo polpettoni metafisici, drammi sociali, piccole produzioni indipendenti o commedie senza tempo a scapito di blockbuster hollywoodiani,
instant-movie di puro intrattenimento o film d'azione/horror/demenziali. Per fortuna, prima di manifestare in maniera sempre più massiccia le mie distanze -generazionali ma non solo- dai miei genitori in fatto di gusti filmici, ho avuto modo di apprezzare per anni film catastrofici a bizzeffe: macchine che esplodono, sequenze spettacolari improbabili, retorica a fiumi smorzata da ironia smargiassa, corpi palestrati capaci di acrobazie superumane ma non di semplici cambi d'espressione attoriale.
Ma Fast & Furious è diverso. Io non avevo visto nessuno dei capitoli precedenti, sebbene Vin Diesel non mi dispiacesse neanche troppo. Ma non perchè io abbia nel frattempo rinnegato la dignità di quel tipo di cinema, nossignore.
Il mio problema sono
le macchine.
Dire che io non abbia il culto del motore sarebbe riduttivo.
Io proprio non lo concepisco.
Ma soprattutto, ho sempre percepito come molesta (sia nel piccolo paese che nel grosso centro urbano) la figura del ragazzo -o dell'uomo- che questo culto lo pratica e lo alimenta.
Lo stereotipo, mai come in questo campo, è tutto fuorchè superato o non attuale. Sembra che sia impossibile trovare qualcuno che abbracci la retorica della
velocità e della
potenza senza l'accompagnamento di tamarrissima musica tunz-tunz, di gnocca seminuda di puro ornamento libidinoso (il mortificante binomio donne-e-motori) e di imbarazzanti propensioni al lusso più pacchiano e sfrenato. Per non parlare dei discorsi di carattere sociale o politico.
E l'antemprima di questo film sembrava, ad una prima occhiata, un festival di questo stereotipo.
Probabilmente si potrà obiettare che -per esempio- anche le
convention di appassionati di fumetti o di
fantasy sono a loro modo delle fiere tese ad alimentare il culto di stereotipi connotati in modo altrettanto fastidioso. E, del resto, ogni evento mondano e culturale che raggruppi un target ben preciso rischia di diventare una spocchiosa ed autoreferenziale celebrazione di un universo di valori "dubbio", o perlomeno difficilmente comprensibile ai più.
Però non ci posso fare niente: certe retoriche, per quanto partigiane, continuano a convincermi più di altre.
Ma soprattutto mi chiedo se nessun amante dei motori si senta vagamente, che so,
"offeso" da questa continua sagra del
kitsch che tende a rappresentarlo.