lunedì 30 giugno 2008

G-A-I-M-A-N. G come Genio (A come Atrocità, I come Ira di Dio...)


La figurazione allegorica dell’Ordine e del Caos per Neil Gaiman.

La tavola viene da un numero di SANDMAN.
La saga in questione è La stagione delle nebbie, in cui Lucifero in persona rinuncia al suo trono all’inferno e consegna le chiavi del proprio regno a Morfeo (protagonista della serie) scatenando le mire e le richieste di numerose divinità ed entità metafisiche che cercheranno di arruffianarsi il signore dei sogni per entrare in possesso di cotanta eredità.
I dialoghi di questa pagina, quindi, riguardano le riflessioni sul da farsi per agire al meglio in questa delicata circostanza diplomatica.

Ma ovviamente, la vera frase chiave di questo post è solo la prima.
Il resto è solo per i più curiosi…

domenica 29 giugno 2008

Verso l'infinito e...


Tutti hanno un proprio album musicale estivo. Non mi riferisco all’album (o all’assemblaggio di canzoni passeggere) che si ascolta di più durante l’estate di ogni singolo anno, ma un album della propria classifica personale che si associa mentalmente al –e che si ascolta soprattutto- l’estate.
Il mio album estivo, o per la precisione, l’album che –quando le vacanze estive me lo permettono- amo ascoltare sotto un cielo stellato è FELONA E SORONA, de LE ORME.
Si tratta di un tipico concept album che narra una suggestiva saga cosmo-epica: la storia di due pianeti (quelli del titolo), uno rigoglioso e illuminato dal sole e l’altro freddo e tetro, che vivono agli antipodi di un sistema solare in attesa un giorno di incontrarsi affinché la gioia e il calore del primo si trasfonda al secondo; ma il finale è più drammatico e meno scontato di quello che ci si aspetterebbe.
L’album è del 1973, e il gruppo in questione è la pietra miliare del progressive italiano. La musica riesce a rendere l’inquietudine e la dolcezza dei capitoli di questa novella space-fantasy, e il falsetto di Aldo Tagliapietra (all’inizio forse un po’ spiazzante) non mi ha mai dato meno fastidio come in questo lavoro.
Lo so, il mio è un giudizio fortemente affettivo e difficilmente condivisibile, tantomeno per ciò che riguarda la presunta ”estività” dell’album. Ma ascoltare pezzi come La solitudine di chi protegge il mondo e Ritorno al nulla guardando (magari da soli) un cielo nero stellato ed avere l’impressione che Cassiopea stia per caderti addosso o che la stella polare sia sparita può essere un’esperienza molto suggestiva.
Il professor Fontecedro direbbe “cosmica”.

sabato 28 giugno 2008

Eva contro Eva


Come potrei essere ammaliato e sedotto da questo patinato bocconcino sexy quando in questi ultimi 4 anni “disperati” l’ho:
- sentita cinguettare e fare risatine sguaiate con la voce di Bart Simpson (mitica Ilaria Stagni);
- vista impelagarsi in situazioni così grottesche e cimentarsi in trappole talmente elaborate da provare un misto di rabbia, tenerezza e simpatia estreme;
- guardata mentre, tra le lacrime, veniva aiutata a liberare in aria un simbolico palloncino per esorcizzare il ricordo della perdita del suo bambino a poche settimane dal parto;
?

giovedì 26 giugno 2008

Batiza vive


Di MANI NUDE avevo già parlato quando ancora non l’avevo letto. Ora che l’ho terminato posso confermare l’aggettivo che avevo usato in quell’occasione: disturbante. Splendido, variegato, ma decisamente disturbante.
Dire che il background delle lotte clandestine sia solo un pretesto per una storia che parla di tutt’altro non sarebbe del tutto sbagliato, e nemmeno dire che si tratti della storia di un riscatto personale. Ma in realtà e anche qualcosa di decisamente diverso, che nel corso delle circa 420 pagine si trasforma e cambia –apparentemente- chiave fino all’ultima frase del romanzo.
Per contribuire alla causa di Paola Barbato (un suo autoritratto in foto) e sottrarre questo bellissimo romanzo ad un destino di inspiegabile silenzio di pubblico e di stampa, ho scritto una sottospecie di recensione sul sito apposito, dove tra l’altro hanno scritto le loro recensioni anche scrittori e giornalisti.

Un momento...

Io che ci faccio, lì??? :-S

PS: Batiza è il nome del protagonista. E il titolo allude alla speranza dell'autrice -già esternata sul suo blog- di far si che questo romanzo non "muoia" così, senza motivo. E in effetti, come darle torto.

Io no. (in risposta al post precedente...)


Cominciamo da COME UN CANE.
Posso dire, con un pizzico di vergogna, che prima d’ora non avevo mai comprato una graphic novel italiana. Le poche volte che mi sono concesso dei volumi un po’ più “corposi” è sempre stato per fumetti giapponesi e americani.
Sono contento di aver superato tale inspiegabile ritrosia proprio con quest’opera.
La storia è quella di Paulinho, un ragazzo delle favelas brasiliane –realtà disastrata, amicizie sulle spine e persino un handicap fisico- il quale grazie ad un mentore carismatico e severo capisce che può (provare a) riscattare la propria squallida vita diventando combattente di una forma estrema di lotta –il vale tudo- per (sperare di) diventarne un campione.
Le suggestioni più evidenti possono essere senz’altro quelle di film come Girlfight, Million dollar baby, persino Karate Kid o Il ragazzo dal kimono d’oro; mentre per il contesto sociale delle favelas –che riecheggia alla fine la miseria di tutte le periferie suburbane del mondo- i riferimenti più evidenti sono quelli di City of god, mentre sul lato più “pop” la mente mi ha riportato a 8 Mile. Tuttavia, al di là di elementi o strutture simili che caratterizzano le storie di riscatto personale, COME UN CANE riesce a calibrare personaggi ben caratterizzati (ovviamente, il maestro e l’allievo in primis) con uno spaccato sociale crudo e realistico dove, oltre ad episodi e realtà di violenza e sfiducia estreme ci si può trovare ad assistere anche a scene di affetto e di umanità (senza virgolette) imprevedibili, come la commozione per la morte di un cane o un rude ma sincero istinto paterno.
Il respiro di una graphic novel è in genere ampio, e le 130 pagine –tra l’altro ottimamente disegnate da un espressivo e ispirato Ponticelli- vedono uno sviluppo della trama armonico e a mio parere privo di forzature o frettolosità; tuttavia, per l’intensità della storia e la forza dei suoi personaggi, non mi sarebbe dispiaciuto leggere un tomo spesso il doppio (o due tomi dello stesso peso).
Ma del resto questa storia va inglobata d’un fiato, one-shot (etichetta editoriale da superalcolico qui più che mai opportuna), perchè narra di scelte e svolte improvvise, e –soprattutto- di un uomo solo. Circondato da altre anime ma intimamente, psicologicamente, ineluttabilmente solo.
E il titolo, assieme alle sue varie altre interpretazioni, ne è la conferma.

mercoledì 25 giugno 2008

Chi mena per primo?


Non ho mai troppo amato la retorica del combattimento. Dai fumetti al cinema -passando per la narrativa- raramente sono stato affascinato da opere incentrate sulla lotta fisica. Sono uno dei pochi ragazzi della mia età che da piccolo non ha avuto il culto di Ken Shiro, dei Cavalieri dello Zodiaco o di Dragon Ball, e forse l’unico che non ha trovato Fight club uno dei più bei film della sua vita (o una bibbia post-moderna, in riferimento al libro) e che non ha mai giocato ad Halo o a Call of Duty.
Da due o tre anni, tuttavia, qualcosa è leggermente cambiato. Sarà stata la lettura di CRYING FREEMAN -lo splendido manga di Ikegami che fa dell’estetica dello scontro una colonna portante-, sarà stata la visione inaspettatamente malinconica dell’ultimo ROCKY, oppure la curiosità nostalgica che mi ha portato a leggere il nuovo manga del –ritrovato- mitico Ken, ma qualcosa infine è cambiato.
Credo però che l’evento determinante sia stato VIOLENCE FIGHT (nella foto). Si tratta di un vecchio videogioco sulle lotte di strada clandestine che da piccolo mi aveva drogato e che di recente –grazie ad un emulatore- ho potuto finire pazientemente dopo decine di tentativi. Quando uscì la schermata finale, non potevo credere al testo dell’epilogo. Diceva:
“Hai vinto tutti i combattimenti. E hai ottenuto non solo denaro e pace ma anche gloria. E allo stesso tempo, hai sconfitto tuo fratello e scoperto la crudeltà e la vanità della violenza”.
Quella morale così spudorata, proprio da loro –i programmatori- che mi avevano fatto accanire, desiderare la morte dei miei avversari virtuali e riempito di tic nervosi col loro maledetto arcade… Ma non so perché, proprio quella scritta bianca a riempimento, sull’immagine disegnata di un muro di mattoni, ha fatto scattare una molla. La vera chiave di lettura di tutto, che mi ha permesso di superare gli antichi pregiudizi.
Ed è con questo rinnovato stato d’animo che ho letto le ultime due opere più crude e realistiche sull’argomento: COME UN CANE -graphic novel di Crippa/Ponticelli- e MANI NUDE -il romanzo di Paola Barbato di cui avevo parlato tempo fa-.
Ma questa è un’altra storia…

martedì 24 giugno 2008

Triste e solitaria?


Altro che studentessa universitaria triste e solitaria nella sua stanzetta umida. Altro che sfiducia nell’istituzione scolastica o accademica.
Incollo qui un passaggio davvero illuminante ed arguto (nonché pazientemente riscritto da carta a Word da me medesimo) sull’argomento:

“Nulla è più avvincente di un rigoroso corso scolastico[…] Dico sul serio: esiste qualcosa di più splendido di un professore? Lascia perdere la sua capacità di forgiare le coscienze e il futuro del paese, quella è un’affermazione azzardata; c’è poco da fare quando escono dal ventre materno già destinati alla Playstation. No. Voglio dire che un professore è l’unica persona della terra che ha il potere di mettere una cornice credibile attorno alla vita –non tutta. Dio, no: almeno a un frammento, a una piccola scheggia. Organizza l’inorganizzabile. Lo suddivide abilmente in moderno e postmoderno, rinascimento, barocco, primitivismo, imperialismo e così via. Lo ricuce con tesine, vacanze, esami intermedi. Tutto quell’ordine è semplicemente divino. La simmetria di un corso semestrale. Pensa alle parole stesse: seminario, propedeutico, workshop avanzato di chissà cosa aperto solo a laureandi, dottorandi, ricercatori… e il tirocinio –che parola meravigliosa, tirocinio! Mi prendi per matto? Ma guarda un Kandinskij. Disordinato, incomprensibile: ci metti una cornice e… voilà, fa la sua bella figura sopra il camino. La stessa cosa succede con il piano di studi: quel celestiale, sublime insieme di indicazioni culminanti nella spaventosa meraviglia dell’esame finale. E cos’è l’Esame Finale? Una verifica della comprensione più profonda di concetti immani. Non c’è da stupirsi se tanti adulti desiderano tornare all’università, a tutte quelle scadenze: aaah, quella struttura! Un’impalcatura a cui aggrapparsi! Certo, è arbitraria, ma senza siamo perduti, del tutto incapaci di separare il romantico dal vittoriano della nostra vita triste e sconcertante…”.

Il personaggio che si perde sognante in questa riflessione è un padre (quello della protagonista). La penna è quella di una ragazza americana nemmeno trentenne all’epoca in cui ha scritto questo brano nel 2006: Marisha Pessl, la ragazza nella foto sopra particolarmente riuscita (la foto, intendo).
Il libro è TEORIA E PRATICA DI OGNI COSA, un promettente romanzo di quasi 700 (gulp) pagine.
E questo folgorante stralcio viene appena dall’introduzione...

Promette di essere una lettura mooolto interessante.

lunedì 23 giugno 2008

Le ore di religione


Ci sono esperimenti che si compiono volutamente e premeditatamente, ed esperimenti -ed esperienze- che si è trascinati a vivere per motivi vari ed in modo quasi estemporaneo. Ed è in quest’ultima categoria che rientra la mia recente partecipazione al raduno regionale di un gruppo carismatico (cristiano cattolico) con alcuni amici di famiglia e parenti stretti.
Dei vari eventi della giornata, ne ho seguiti solo due: il discorso del presidente nazionale del movimento ecclesiale in questione e la messa finale.
Il predicatore era un giovane uomo barbuto dall’aria distinta e bonaria, la parlantina sciolta, la dizione buona (sporcata solo dalle tipiche aperture vocali sicule), e il cognome inaspettatamente ispanico.
L’ambiente era molto vario: circa 2500 persone che andavano dall’anziano al bambino, con pochi malati evidenti e tanti, tanti giovani.
Di tutto ciò che mi aspettavo da quel contesto non è mancato nulla: la retorica sostenuta e iterativa da II media dell’oratore, i completamenti di frasi e citazioni bibliche urlate con gioia dai fedeli, occhi (semi)chiusi in contemplazione Spiritica, strette di mano ed abbracci sudati, braccia sollevate o portate misticamente al petto, svenimenti e pianti durante le invocazioni a Gesù (e guai a toccare o soccorrere la persona priva di coscienza, violando quel contatto così puro ed esclusivo con lo Spirito Santo), e compagnia bella.
Delle due ore di predica, le cose più neutre dette dall’uomo sono state alcune affermazioni che hanno:
-messo sullo stesso piano peccaminoso l’omicidio, lo stupro e la schiavitù con la separazione e l’eutanasia;
-giustificato biblicamente la figura del guaritore;
-insinuato un’affinità concettuale e comportamentale fra atei e mafiosi.
Alla fine dell’incontro, durante la pausa, ho assistito all’iraconda discussione fra una bellicosa signora scandalizzata dal “satanico” ciondolo a forma di corno -nero, per giunta!- indossato da una ragazza e la fanciulla stessa (anche lei lì per caso come me) che cercava imbarazzata ma irritata di non rispondere troppo a tono.
La messa è stata lunga e accorata nonchè arricchita da cori, balletti e testimonianze di fede finali. La prima era quella di una coppia “di fatto” –entrambe le parti divorziate e con figli- in cui la donna soffriva di depressione da quando si era fidanzata con l’altro fino a che la Madonna non le era apparsa dicendole che la chiave per guarire era la castità, che in seguito i due hanno cominciato a praticare felicemente (ormai erano due anni) in attesa di ottenere l’annullamento del matrimonio. La seconda l’ho solo intuita perché ce ne siamo andati: si trattava di un classico caso di guarigione da malattia. Ovviamente, per merito di Gesù.
Prima di questa esperienza credevo di essere molto tollerante. Io spesso dico di me, per semplificare, che sono un “ateo disperato”, a sottolineare che la mia mancanza di fede non mi rende affatto spavaldo, spensierato o poco religioso.
Le mie opinioni sulla religione in quanto tale sono negative, quelle sulla Chiesa Cristiana sono pessime, quelle su questo nuovo papa nefaste. Tuttavia ho sempre creduto di rispettare le persone di fede, anche quelle più ferventi. Dopotutto, alcuni fra gli amici più intelligenti e simpatici che ho sono fortemente cristiani.
Negli anni ho dovuto gradualmente convincermi che –a quanto pare- si può far convivere l’analisi lucida e disincantata della realtà con alcuni convincimenti del tutto indimostrabili e irrazionali come l’esistenza di Dio o la prospettiva di una vita dopo la morte.
Ma dopo lo spettacolo di oggi, la sensazione che ha prevalso è stata la rabbia. Non l’incredulità, non il disagio, e senza dubbio non il rispetto della diversità culturale: solo fastidio e per di più rabbia.
So che non tutti i cristiani sono dei reazionari ed autosuggestionati creduloni intenti in estatici belamenti commossi. So che anche Gad Lerner si auspicava, da Fazio, un cristianesimo più progressista e lontano dall’ombra oscurantista e retrograda che quasi sempre lo caratterizza. So che il fatto (per quanto vero) che “cristianesimo” e “cretino” derivino dalla stessa radice è una provocazione, e che la tesi di Odifreddi non vuole sparare a zero su miliardi di persone intelligenti in maniera frettolosa ed indiscriminata.
Però il sostrato di questa fede e alcuni principi letterali della Bibbia non possono cambiare. E questo vale per qualunque altra fede.
La posizione della Chiesa sul sesso, sul divorzio, sull’eutanasia, sulle cellule staminali e l’aborto, sulla superiorità della preghiera sulla scienza, sul ruolo che la Chiesa stessa dovrebbe –di DIRITTO- avere nella società. Questi sono pilastri, postulati. E il solo fatto che, anche se in varie sfumature, esistano tali dogmatismi e acriticità dettate –o dedotte- da un libro a condizionare intere società mi riesce sempre più ostico sopportarlo.
La cosa curiosa è che probabilmente, in risposta al mio odio, quelle poche persone che si sono soffermate a guardarmi lì dentro -distraendosi dal tanto atteso flusso dello Spirito Santo- e che hanno colto il mio fastidio e la mia scarsa partecipazione hanno provato magari anche preoccupazione e un pizzico di benevola pietà per me.
E, cosa ancora più triste, probabilmente non hanno affatto torto.

giovedì 19 giugno 2008

FORU-Fiction (o della critica del giudizio)



Allora, il quadro è più o meno questo.
Madre giovanile fuori tempo con figlia ribelle –a quanto pare piercingatasi pure di nascosto- davanti al mitico Santi Licheri. La gggiovane è stata letteralmente segregata in casa dalla madre, che l’ha costretta a studiare seriamente dopo aver avuto 2 e 3 in matematica e italiano.
Durante l’interminabile show di Amici di Rita Dalla Chiesa fioccano una marea di sociologi filo-mammisti i quali per lo più si vantano che da piccoli loro venivano puniti e/o picchiati (o seguiti di nascosto quando uscivano) dalla loro mamma e che per questo si sentivano anche di ringraziarla anzichennò.
E tutto ciò mentre Fabrizio Bracconeri incalza che i tempi sono cambiati, che lui da giovane giocava per strada mentre ora i figli per strada non ce li fa giocare, che prima la maestra poteva picchiarti e ora invece manco il genitore può darti uno schiaffo perché c’è il telefono azzurro (“perché prima il telefono azzurro non c’era!!”)
Ma la rivelazione viene con la sentenza del giudice. Oddio, sentenza è una parola grossa. La conclusione –solo suggerita- è che la mamma non può segregare la figlia, perché ci sono dei doveri ma anche dei diritti. Ma la parte interessante è tutto il resto.
Con un tono sempre più affaticato e balbuziente il giudice esordisce (parafrasando ma neanche troppo) in questo modo, indicando e rimirando con perenne rabbia la giovine:
“[bla bla, la mamma ha punito segregandola in casa]la figlia, che ha riportato GRAVI INSUFFICIENZE nelle materie che FORMANO L’INDIVIDUO. E poiché LA MATEMATICA e L’ITALIANO sono le materie che FORMANO la PERSONALITA’ e il CARATTERE dell’INDIVIDUO (più della storia, più della filosofia), avere delle INSUFFICIENZE in quelle materie SIGNIFICA- ESSERE- ASINI!!!” (maiuscole per tono più alto).
Ora, quello che mi chiedo è:
-lasciamo stare che la conduttrice/moderatrice esprima e fomenti giudizi ed accuse invece di mantenersi imparziale;
-lasciamo stare l'irruenza e il moralismo generazionale del novantenne Santi LicheNi, che ormai non ha peli sulla lingua (e credo ormai da nessun’altra parte);
-lasciamo stare se il pubblico e/o le parti in causa siano attori/figuranti pagati oppure no: uno guarda Forum per i singoli contenziosi e per le loro soluzioni giuridiche, non per il relativo teatrino (...).
La vera domanda è: 'a Fabbrì, proprio tu parli? Che ne I ragazzi della terza C non è che fossi proprio un esempio di tradizione e virtù...
Beh, forse di tradizione si.

mercoledì 18 giugno 2008

Le origini dell'universo nerd

Credo sia mio dovere -oltre che piacere- ringraziare due occasionali ma preziosi commentatori di questo blog, Andosan e Benedetta, per avermi segnalato una delle serie più divertenti di questi ultimi anni: THE BIG BANG THEORY.
Per la trama e le peculiarità dei personaggi rimando come al solito (nel link qui sopra) all'incommensurabile Wikipedia. Per un assaggio, invece, allego un video abbastanza indicativo del livello culturale e dialettico della sit-com.
Unica domanda: secondo voi i protagonisti -esclusa la biondina sciocchina- sono tutti geek, nerd classici o nerd post-moderni? O nessuna di queste tre? Oppure ciascuno è qualcosa di diverso dall'altro?

In Termini di scoperte


Ieri pomeriggio ho scoperto due cose che probabilmente molti sapevano già da tempo ma che mi hanno fatto entrambe cadere dalle nuvole:
1) Trenitalia non permette più di utilizzare dei biglietti senza prenotazione come semplici "buoni" per fare altri biglietti. Per convertire un biglietto in un altro dalla tratta differente, ci vogliono 3 euro di commissione (oltre alla differenza di prezzo tra i due biglietti); perciò, già avere un biglietto da pochi euro scoraggia del tutto il cambio. Il risultato? Che se voglio usare un buono avuto da un rimborso ritardo, O faccio un biglietto dal costo superiore, Oppure i soldi che avanzano non mi conviene più usarli per fare un biglietto qualsiasi di pari valore -magari dalla tratta casuale- per usarlo in seguito come ulteriore buono (come io e tanti altri facevamo fino a poco tempo fa, su stesso consiglio di Trenitalia). E quando ho esibito la mia espressione sperduta e rabbiosa da Shinji Ikari, il tipo mi ha pure detto che ormai è così "da qualche mese". E ha anche aggiunto, in un momento di verità poco istituzionale: "Stanno stringendo sempre di più", mimando qualcosa che poteva essere un cappio o una cinghia.
2) Oltre all'edizione serale del SOLE24 (che in realtà è poco più di un inutile rotocalco), ora nel pomeriggio distribuiscono anche delle edizioni serali -sempre gratuite- di LIBERAZIONE. E questo in piena Stazione Termini! E coi tempi che corrono!

Beh, almeno non è stato un pomeriggio completamente piatto.

lunedì 16 giugno 2008

Ma quanto dura 'sto futuro?


In questi ultimi mesi, poichè -come già detto in precedenza- ho ancora diversi libri da leggere, non ne sto comprando più di nuovi (fumetti a parte). Ovviamente, fra le pochissime eccezioni a questo mio proposito ci sono le offerte imperdibili nelle bancarelle da 1 o 3 euro (lì vale il discorso "ora o mai più") e i libri dei quali sto aspettando da anni una ristampa. Mi riferisco a IL SECONDO e IL TERZO LIBRO DELLA FANTASCIENZA.
Si tratta del secondo e del terzo volume di una collana di pregevoli racconti di fantascienza -editi da Einaudi- selezionati e curati da Sergio Solmi, Carlo Fruttero e Franco Lucentini. Il primo della serie, LE MERAVIGLIE DEL POSSIBILE, è stata una delle prime letture "serie" della mia vita, e senz'altro una delle più suggestive. Qualche anno dopo sono riuscito ad acquistare il quarto ed ultimo volume, ma il secondo ed il terzo (stranamente) non sono mai stati ristampati. Ogni tanto chiedo in qualche libreria -soprattutto nei punti Einaudi-, ma mi illudono evasivi con: "Forse, in futuro"...
E siccome io sono un tipo preciso, il quarto non lo leggerò finchè non riuscirò ad acquistare e a leggere quelli in mezzo (che in verità ho pure trovato in biblioteca, ma siccome sono fatto a modo mio ho giurato di leggerli solo quando avrò delle copie MIE).
Un bel problema, no?
A parte ciò, consiglio intanto vivamente a chi fosse amante della fantascienza -ma soprattutto a chi non lo fosse- la lettura de LE MERAVIGLIE. Ci sono delle perle di narrativa matura e spiazzante che è impossibile non apprezzare: dai più noti Sentinella e La settima vittima, ai drammatici Pioggia senza fine e Il Veldt. Per non parlare di quelli che mi hanno colpito anche sul versante del relativismo culturale, ovvero Miraggio e Villaggio incantato.
Nella pagina di Wikipedia a cui rimando col titolo del libro sono contenute brevissime sintesi delle trame di ciascun racconto; tuttavia la componente thriller è onnipresente, e i capovolgimenti della prospettiva le rende molto poco indicative della reale presa delle storie che il volume contiene.
Dei racconti dei due tomi perduti non so e non voglio sapere nulla. Semplicemente, incrocio le dita e aspetto.
Il futuro non può durare per sempre.


venerdì 13 giugno 2008

Servizio di Comunicazione


Segnalo dal blog della saggista e critica (soprattutto "seriale") BARBARA MAIO un progetto molto interessante, ovvero l'uscita della rivista on-line Ol3media, a sua volta parte di un progetto più ampio legato al Master in Professioni e Formati della Televisione e della Radio Contemporanee presso l'Università Roma Tre (lo voglio fare!!!).
Sperando di non fare cosa inopportuna, riporto qui parte del post (che consiglio di leggere integralmente dal blog dell'autrice):
"La rivista on-line punta a divenire terreno di discussione e analisi intorno ad argomenti legati alla comunicazione intesi in senso classico con articoli e interviste ma, già dai prossimi numeri, attraverso l'uso di video e nuove forme di comunicazione. I lettori ed i redattori hanno anche a disposizione un blog per poter interagire in maniera più immediata ed informale. Gli obiettivi di Ol3Media sono a breve una pubblicazione cartacea annuale e la collaborazione di ricercatori e studiosi provenienti non solo da altre Università, italiane e straniere, ma anche da ambiti disciplinari non strettamente legati alla comunicazione ma che comunque sono interessati a confrontarsi con l'argomento."
E dato che il primo numero tratta ampiamente dell'universo seriale, non posso che essere ancora più contento -e fiducioso- di questa iniziativa.

Il lamento di Gaeta


L'ufficiale tattico Gaeta che cerca di distrarsi dalla perdita della propria gamba intonando un lamento bellissimo e struggente. Uno dei momenti di più alto lirismo nella già splendida e drammatica serie Battlestar Galactica.
Siamo ormai a metà della quarta ed ultima serie, ma i toni e le tematiche delle vicende continuano a raggiungere picchi di profondità direi quasi inesplorati per una serie televisiva di fantascienza.
Personalmente, questa sequenza e questo canto mi hanno trasmesso anche una malsana empatia.
E quel velo di malinconia che normalmente cala quando si verbalizza l'ultimo esame della propria carriera universitaria, in questi giorni risulterà inevitabilmente inspessito.

"Alone she sleeps in the shirt of man
With my three wishes clutched in her hand
The first that she be spared the pain
That comes from a dark and laughing rain
When she finds love may it always stay true
This I beg for the second wish I made too
But wish no more
My life you can take
To have her please just one day wake
To have her please just one day wake
To have her please just one day wake"

PS: confido di non creare problemi di spoiler postando il video. Se poi qualcuno si dovesse perlomeno incuriosire, ben venga.


giovedì 12 giugno 2008

Ci vuole una classifica


Stilare classifiche è una pratica che molti amano, ed io per primo.
Dalle cassette musicali che si facevano agli amici (il passato è d'obbligo, dato il supporto) o alle persone speciali, passando per i consigli che si danno quotidianamente in giro -da quelli gastronomici a quelli più metafisici-, fino all'elenco di spese mensili dedicate ai fumetti (perennemente da sfrondare) per arrivare alla banale lista della spesa, ognuno di noi stila classifiche praticamente sempre. Volente o nolente.
Lo si fa per motivi diversi: azzardare un bilancio di un certo tipo di esperienze fatte fino a quel momento, scherzare un pò con miti e luoghi comuni, manifestare ideologie politiche o -perchè no- sperimentare le reazioni della gente di fronte a simpatiche provocazioni (com'è successo recentemente sul blog dello sceneggiatore di fumetti Roberto Recchioni).
Io di classifiche ne facevo spesso sulle mie passioni principali, il cinema e i fumetti. Ma ho notato che, mano a mano che le mie visioni e letture aumentavano, la classificazione cominciava ad avere effetti controproducenti: mi sono trovato di fronte ad amnesie, rinnegazioni, difficoltà a definire ogni volta un podio, talvolta perfino qualche nostalgico disagio per ciò che stavo cercando di fare.
Indubbiamente fino a qualche tempo fa avrei detto che i miei due film preferiti sono "L'attimo fuggente" e "Forrest Gump". Poi nel frattempo ho visto "Una pura formalità", "Ghost in the shell I e II", "Ogni cosa è illuminata", o -solo per citare l'ultimo gioiello assoluto- "Il petroliere". E questi, giusto per non nominare sempre i soliti noti.
Il discorso si fa ancora più complicato per i telefilm o i fumetti, che tendono per la loro longevità ad affezionare di più e quindi a creare più scrupoli al classificante nello scalzare -da un giorno all'altro- uno a favore di un altro più recente ed accattivante.
Insomma: la classifica deve essere a 3 dimensioni (o variabili), che tengano conto del 1) tempo che ha un prodotto, 2) la sua categoria di genere e 3) la sua posizione in verticale -quella numerica-.
Quindi, la mia commedia dell'infazia preferita è MARY POPPINS. Il mio secondo film horror preferito dei tempi recenti è HOSTEL. Il mio terzo cartone animato dell'adolescenza era COWBOY BEBOP (attenzione: l'uso di "è" per l'infanzia e di "era" per l'adolescenza non deve sembrare un'incoerenza logica).
Poi ci sono quelle cose che travalicano perlomeno la prima variabile -se non anche la seconda- e si piazzano sempre in cima a tutti questi ragionamenti.
Ad esempio, COWBOY BEBOP continua ad essere la mia terza serie animata preferita anche ora. E OK COMPUTER dei Radiohead è rimasto per me l'album più bello di tutti i tempi e di tutti i generi, senza mai subire slittamenti.

mercoledì 11 giugno 2008

"Oh, shit! Mr Creosote!"



Così si apre uno degli sketch più surreali e disgustosi del film IL SENSO DELLA VITA dei geniali Monty Python (il cui video ho qui linkato nella sua versione originale perchè quella doppiata ha l'audio fastidiosamente sfasato).
Tuttavia questo post non è sui Monty Python, dei quali ho visto ancora troppo poco (anche se già so di amarli alla follia), ma su un blogger che ha preso in prestito quel nome scomodo e bizzarro e il cui blog rappresenta per me -e per uno stretto manipolo di persone- un vero punto di riferimento.
Non ha elenchi di blog amici. Non risponde spesso ai commenti. I suoi post non raggiungono quasi mai le dieci righe.
La sua chiave di lettura?
Il suo stile?
Le sue argomentazioni?
Vi invito a scoprirle da soli.
Il blog è già fra i mei link amici, ma lo riporto qui:

http://www.creosoto.com/

Così, semmai un domani dovessi inaugurare un'etichetta di post chiamata creosotismi, saprete che cosa significa.

martedì 10 giugno 2008

McHulk

















Da un dossier su INTERNAZIONALE di qualche settimana fa ho approfondito la conoscenza di John McCain, il candidato repubblicano in corsa per la presidenza USA.
Il quadro che ne ho tratto è stato a dir poco scioccante: è un tipo un pò "ottuso", si arrabbia molto facilmente e sa essere particolarmente spiacevole e persino vendicativo verso chi non è d'accordo con lui (anche verso gli stessi repubblicani); all'accademia militare era uno dei più scarsi, si comportava da idiota sfaticato incosciente -passando tutto il tempo al bar- ed era anche un pessimo pilota (motivo per il quale è stato catturato nel Vietnam); in Vietnam è stato prigioniero per 5 anni, nei quali veniva quotidianamente picchiato e torturato; ma soprattutto, durante quella prigionia ha tentato il suicidio due volte (una delle quali in modo non troppo convinto, pare).
Per concludere, diversi contributi di persone intervistate sottolineano come le sue crociate personali siano molto impulsive ed eterogenee (parafrasando), tanto che non si riesce a definirlo conservatore tout court.
E in questa sede ho omesso le curiosità e gli aneddoti più "pittoreschi" -come la sua bravura nel raccontare le barzellette o la sua sprezzante ironia strafottente-.
Così su due piedi, la suggestione per un marvel fan è forte: McCain a capo degli USA nella realtà sarebbe un pò come Hulk presidente degli USA nell'Universo Marvel.
Colore della pelle a parte, ovvio.
Ma tanto una volta che diventi presidente, chi vuoi faccia più caso al colore della pelle.

sabato 7 giugno 2008

FRINGE

Dopo il post precedente -e soprattutto la sua iraconda conclusione-, come posso avere il coraggio di scrivere un nuovo post solo per segnalare l'ennesimo fenomeno che frullerà il mio e i nostri cervelli in nuovi intrecci inconcludenti mescolati con una regia sapiente e meschina?

giovedì 5 giugno 2008

LOSTiamo perdendo!


LO STavo aspettando da settimane, questo doppio episodio finale della IV serie, anche se alLO STato attuale non avevo molte speranze.

Nonostante gli innegabili difetti di sceneggiatura e la pretenziosità degli autori ho continuato ad amarLO, 'STo cavolo di telefilm, così come quando un lungo fumetto vive -per un periodo- l'inevitabile problema deLO STallo.

Voglio -devo- evitare spoiler. Dico solo che, se pure dovessi guardare anche la prossima serie -e questo LO STabilirò solo quando ci sarà la puntata 5x01- sono passato definitivamente nel numero dei suoi detrattori.

Quando è troppo è troppo.

E poi me l'ero già ripromesso: se anche in questa IV serie riescono ad ignorare il piede gigante con solo 4 dita, LO SToppo qui.

L'OSTilità per Abrams è ai massimi storici, dopo questo tiro mancino.

martedì 3 giugno 2008

Scatologia dell'indagine


Rimanendo in tema Giappone, continuo a chiedermi perchè i giapponesi abbiano un rapporto così morboso ma allo stesso tempo autocensorio col sesso (presente in innumerevoli opere mediatiche solo in forme comiche o fantastiche, tutt'al più pecettate o pixellate nei film hard veri e propri) mentre riescano -soprattutto nei fumetti- ad alludere con tanta facilità alle deiezioni.
Insomma, parlare di cacca sembra più normale e opportuno che parlare di sesso.
L'esempio lampante più recente mi viene dall'ultimo numero del mitico, inossidabile ed imperituro manga di DETECTIVE CONAN.
Parlando delle abitudini del morto di turno (schiattato, ovviamente, quando c'èra Conan nei paraggi: manco la signora Fletcher porta più sfiga di lui), due degli indagati parlano con assoluta tranquillità dell'abitudine del defunto di prendere delle purghe.
E senza alcun tono ironico o imbarazzato (i puntini di sospensione sono costanti in Detective Conan, soprattutto quando parlano gli indagati di un omicidio) nè alcuna intenzione da parte dell'autore di sortire effetti comici di alcun genere, i due dicono tranquillamente:
A: "La prendeva spesso perchè soffriva terribilmente di emorroidi..."
B: "Si, insomma... per farla molle...".
Ora,
già in un altro episodio, un bambino amico di Conan era dovuto scappare in bagno perchè a causa del guasto del condizionatore in un cinema gli era venuto un forte mal di pancia (e anche se non fu detto chiaramente, l'allusione alla nemesi di Imodium era lampante). E tra l'altro, era un passaggio fondamentale per arrivare alla soluzione del caso.
Senza considerare quei negozi dove -nella realtà, non in Conan!- si vendono in Giappone delle provette con feci e scorie organiche varie di ragazze, corredate da foto personali.
Da bravo nippofilo non posso far altro che chiedermi: che cos'abbiamo noi italiani contro la cacca? Perchè nessuno ne parla mai, se non nei film scollacciati degli anni '80 o nel Grande Fratello?
Perchè nessun caso di Dylan Dog o di Julia ha mai trovato soluzione grazie ad un episodio legato ad un'evacuazione?
Siamo ancora indietro. Troppo indietro.
Noi siamo ancora alla fase digestiva, immagino.

domenica 1 giugno 2008

Ripassando per l'esame di giapponese...


...ho riflettuto su una cosa interessante, che poi ho opportunamente verificato prima di scrivere questo post.
Il nome completo dell'ormai famosa catena radical (e minimal) chic nota per lo più semplicemente come MUJI -e che sarebbe quella scritta in ideogrammi subito sotto- è in realtà "muji ryouhin", che letteralmente significa "merce (o prodotti) di qualità, senza marca".
Più precisamente la sola parola Muji significa, riprendendo il motto tormentone di Naomi Klein, "no logo".
Quale sia stata l'intenzione del suo fondatore e/o battezzatore, lo ignoro.
So solo che hanno prezzi esagerati, e che per fortuna vendono articoli che non mi ispirano troppo (tranne quel coso di bambù per cuocere a vapore, che finora ho trovato solo lì).
E che data la loro diffusione ed il loro stile ricercato ed inconfondibile, la marca c'è eccome.